Il cibo, male supremo di un'animità al bivio

Il cibo, male supremo di un'animità al bivio
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La ricetta della felicità è astensione dal cibo. In pratica, sostituire l'effettiva consumazione di un pasto con l'immaginazione di saziarsi. A diffondere questo assurdo teorema è miss Novak, protagonista di Club zero, presentato a Cannes e in arrivo in sala nel periodo che precede le abbuffate festaiole del Natale.

La donna insegna «alimentazione cosciente» in un istituto che vuole offrire una nuova linea di condotta agli studenti. In realtà è il grimaldello per creare una nuova forma di automi irreggimentati in divisa - polo gialla e bermuda cachi - ovvero gli oltranzisti della purificazione che nel loro integralismo si configurano come l'unica via d'uscita per salvare il pianeta. Adulti assenti, genitori di figli viziati e invasati, si ritrovano ad affrontare la crisi quando forse sarà troppo tardi. Il film di Jessica Hausner, che trasforma le riprese in un campo di segni da far impazzire perfino i semiologi, mette sullo schermo un'infinità di spunti non sempre condivisibili ma sicuramente in grado di far discutere. Non c'entra il vegetarianismo o il veganismo, qui siamo molto oltre, alla frontiera del «cibo cosmico», utile per preparare il terreno all'estremizzazione. Un processo che porta a diserzioni, radicalizzazioni e perfino morti. Ogni riferimento - non solo al terreno dell'arte - è puramente voluto. Sul banco degli imputati di un improvvisato tribunale cinematografico appaiono le dottrine pericolose e la sfiducia nella scienza, territori esploratissimi dal dibattito di questi anni.

Il film è tanto bello quanto algido, gelido, distaccato, come le ambientazioni che richiamano a un museo minimalista dove le emozioni

sono al netto zero del titolo e l'insegnante assomiglia a una kapò in gonnella che serve un manicaretto freddo e indigeribile. E indugia nel retorico concetto di un'umanità idiota, indecisa se salvare se stessa o il pianeta.

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