“Coup de Chance”, il cinquantesimo film di Woody Allen, arriva oggi fuori concorso a Venezia in anteprima mondiale.
Cominciamo col dire che il regista, forse per le quasi 88 primavere, si era espresso a riguardo indicando questa sua nuova fatica come verosimilmente l’ultima della carriera. Nell’odierna conferenza stampa del film invece ha sottolineato più volte come abbia nuove idee e progetti per il futuro.
Siamo nella Parigi contemporanea, dove Fanny (la bellissima Lou de Laâge) e Jean (Melvil Poupaud, qui mellifluo e vampiresco) formano una coppia invidiata: sono belli, giovani, innamorati e ricchissimi. A dire il vero è lui a essere una fucina di denaro, anche se la stessa moglie non sa definire che mestiere lui faccia se non “far diventare i ricchi ancora più ricchi”. I due vivono in un meraviglioso appartamento in un quartiere esclusivo di Parigi e invitano spesso gli amici a trascorrere i weekend in campagna, nella loro tenuta di caccia. Fanny rifugge la definizione di moglie trofeo, infatti ha un intelletto di tutto rispetto e lavora per una casa d’aste. Un giorno, andando in ufficio, s’imbatte accidentalmente in Alain (Niels Schneider, praticamente il David di Michelangelo), un ex-compagno di liceo, che rivela di avere sempre avuto una cotta per lei. I due pranzano insieme in un paio di occasioni, passeggiano al parco e chiacchierano molto, diventando sempre più vicini. Ad un certo punto il sentimento divampa.
Girato a Parigi nell’autunno del 2022 con un budget di ben 20 milioni di dollari, “Coup de Chance” è il primo film di Allen girato interamente in lingua francese. Le tematiche sono le stesse di "Match Point" (2005).
I toni da commedia si mischiano a piccoli brividi da thriller-drama e, come tipico dei film più riusciti di Allen, il ritmo è fresco, le citazioni eleganti e il commento musicale vivace. Le caratterizzazioni sono spassose eppure verosimili. Tutto è curato nei particolari e se il bel mondo è un accumulo di stereotipi non è certo colpa del regista. Gli status symbol che vediamo in "Coup de chance" appartenere ai protagonisti sono davvero inflazionati in una certa cerchia di persone; anche quando ogni tanto ci sono pennellate originali che fanno scoppiare a ridere la sala (tipo il vezzo di una stanza allestita con una collina di trenini elettrici), il realismo domina. Così come sono autentici i desideri e i turbamenti inespressi di chi provi a vivere in certi ambienti senza sposarne i valori, come fa Fanny. A lei la splendida cornice inizia a stare stretta, con le sue persone dai discorsi superficiali e dai piccoli snobismi variamente assortiti. Fanny ad ogni modo si sente molto legata a Jean, il principe azzurro in grado di renderla una regina proprio alla fine di un periodo buio e ribelle in cui era stata sposata a un musicista problematico. Per un po’ la giovane si è integrata nella versione upper class di se stessa. A renderla insofferente non sono certo le Loubotin ai piedi o la Birkin d’ordinanza, né i vari pezzi Cartier a polso e dita o le splendide magioni possedute. Bensì il fatto che il solo nutrimento fornitole dal marito è appunto materiale. In Alain invece ritrova lo spirito bohemien e si ricorda come il vero romanticismo costi poco in termini economici: con la persona giusta il paradiso può essere anche solo mangiare su una panchina al parco, comprare caldarroste o scovare un vecchio libro su una bancarella. L’intimità dell’andare a cercare al mercato ingredienti con cui cucinare, è anche quello un privilegio. Il vero lusso sta nel trovare una passione o nel provare un delirio amoroso, così come nell'avere il tempo e la voglia di viverli. Allen descrive benissimo tutto ciò con dialoghi e immagini.
Il nostro caro regista newyorkese ha molto vissuto. Da sempre è a contatto coi paradossi ironici della vita. Conosce il ruolo del destino e del caso, come quello della fortuna. Di questo parla “Coup de Chance”, ovvero di quanto si possano fare programmi fino a un certo punto, perché ci sono cose che accadono e basta, in maniera ineluttabile, come un amore imprevisto o una morte beffarda.
Woody Allen non affida al suo film una riflessione originale quando sottolinea (in due occasioni) che chiunque sia al mondo ha già vinto la lotteria cosmica, esistendo una probabilità su 400 bilioni di nascere. Ma integra il concetto con un imperativo: “non sprecare il tuo miracolo”.
Da un uomo che col suo cinema ha salvato l’esistenza di molti e per così tanti anni, mischiando consapevolezza, genio e humour, solo un messaggio così semplice ma sacro e definitivo potevamo aspettarci.
Che poi viene anche arricchito con un consiglio, a chiosa, sulle domande esistenziali destinate a non avere risposta: “Meglio non soffermartici troppo”. Una lezione di buon senso e di nobile leggerezza.Grazie Maestro.
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