
«La lettura delle bozze di "Horcynus Orca" da parte di mia zia Mimma Mondadori era un rituale a cui non si poteva mancare tutti i weekend nella casa di Meina», confessa Luca Formenton, Presidente della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori. Epica, religione, esuberanza, crudeltà, mostro marino in pagine di carta, finanche romanzo del destino. Sull'odissiaca fatica letteraria di Stefano D'Arrigo, che in questi giorni compie 50 anni esatti dalla prima uscita nelle librerie, si è detto e scritto di tutto. E il suo contrario. Mezzo secolo vissuto intensamente sugli scaffali (e ora anche negli ebook) che ha offerto alla Fondazione Mondadori l'occasione di indagare fra i suoi archivi storici e dare vita, in collaborazione con BUR-Rizzoli e Taobuk-Taormina International Book Festival, al ricco palinsesto «Horcynus Orca 50», programma di incontri diffusi in tutta la Penisola: presentazioni, convegni, mostre, laboratori, concorsi e spettacoli da Udine a Taormina partito a Milano il 25 febbraio con la presentazione della nuova edizione BUR. Diversi gli eventi milanesi: da non perdere, a maggio, un incontro al Laboratorio di Fondazione Mondadori dedicato al D'Arrigo poeta. Intanto, in collaborazione con le Università degli Studi di Milano e Pavia, prenderà avvio un'azione di digitalizzazione dei principali documenti relativi a D'Arrigo i cui risultati verranno presentati in Fondazione a novembre.
Nostos in salsa contemporanea, il romanzo ripercorre in tre parti -dodici i quaderni riempiti per la prima stesura manoscritta, oltre 1200 le pagine dell'edizione definitiva- il ritorno alla sua Sicilia del marinaio Ndrja Cambrìa, italico camuffamento dell'eroe omerico, Ulisse pescatore che nell'ottobre del 1943 riapproda alla sua Itaca sfigurata dalla guerra. Opera aperta eppure definitiva che nuota in perfetto agio fra richiami arcaici, echi danteschi, slanci joyciani, suggestioni alla Poe e Melville, cavalcando le onde di un pasticcio linguistico a tratti gaddiano, di una sperimentazione stilistica che osa anche oltre quanto consentito dai tempi ribelli, di un bradicardico rallentamento della narrazione che non teme raffronti proustiani: tutta la vicenda prende appena 5 giorni e un gesto -commentò Primo Levi- può occupare anche 10 pagine, al netto di flashback e digressioni senza tregua. Ma c'è molto di più, perché epos nell'epos è la ventennale vicenda editoriale del romanzo, essa stessa vera e propria performance compositiva -per mutuare un termine caro alla pop art- sfuggita alle iniziali intenzioni dell'autore, che ne ricaverà una notorietà dai contorni leggendari. Il cantiere si apre nel 1956: lo scrittore siciliano raccoglie materiali e pensa a un romanzo intitolato La testa del Delfino, un estratto del quale nel 1959 vince il prestigioso premio Cino Del Duca. Nella giuria c'è Elio Vittorini che gli apre le porte della rivista «Menabò», fondata insieme a Calvino. Da lì ai tipi di Arnoldo Mondadori il passo è breve: tutto sembra pronto per una «imminente pubblicazione» del romanzo nel 1961, col titolo «I fatti della fera». Invece dovranno passare altri 14 anni, la storia farà il suo corso, le pagine, da 600 che erano, raddoppieranno: dopo la scomparsa di Arnoldo (1971) fu Mimma Mondadori a seguire gli ultimi anni di gestazione del capolavoro darrighiano; lei, come prima il padre, è stata per lo scrittore un punto di riferimento professionale e affettivo, e il ricordo di Formenton, figlio di Cristina Mondadori, lo testimonia.
Il 25 febbraio 1975, accompagnato da una massiccia campagna
pubblicitaria, da un'aura e un passaparola mai visti per un romanzo d'esordio, «Horcynus Orca» fa finalmente la sua comparsa in tutte le librerie d'Italia. Un mondo infinito e proteiforme che, ancor oggi, si rinnova a ogni rilettura.
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