Le cinque insidie di Walter

Siccome non è proprio un Mario Bros chiamato a riparare le tubature del centrosinistra, Walter the candidate, manco partito e già messo in prima fila per la guida del Partito democratico, va preso in serissima considerazione. Per questioni di immagine, di popolarità e di stacco generazionale. Si vuole ridar benzina a una coalizione che a forza di pedalare s'è spossata, e già immaginiamo, se e quando scioglierà la riserva, il profilarsi di una campagna di comunicazione che posizionerà Veltroni rispetto a Prodi in modo simile a Sarkozy rispetto a Chirac: stiamo nella stessa coalizione ma con quello lì non c'entro niente. Epperò l'ipotesi-Walter porta in sé qualche insidia.
Ne proponiamo cinque: 1) Le primarie per l'elezione dell'assemblea costituente e del segretario del Pd, in calendario per il 14 ottobre, erano state pensate come appuntamento per una vera competizione tra candidati in tutto e per tutto differente rispetto alla mobilitazione dell'ottobre 2005 per plebiscitare il candidato unico Prodi.
Visto che le primarie-fuffa hanno prodotto un leader debole, un programma capestro e una coalizione sgangherata, si voleva dare un tocco di serietà all'evento, tant'è che lo stesso Prodi aveva pensato di ricandidarsi, e insieme a lui D'Alema, Rutelli, Bersani, Finocchiaro e così via. Ma appena s'è fatto il nome di Veltroni è cominciato il fuggi fuggi: Franceschini ha già fatto outing per Walter, prima D'Alema e poi Fassino gli hanno assicurato l'appoggio totale dei Ds. Ce lo vedete Rutelli andare al massacro? Noi no. E dunque, esattamente come le primarie-fuffa di due anni fa, se Veltroni dovesse candidarsi gli si accosterebbero degli altri candidati finti per fare da arredo sulla scheda elettorale: che chance può avere, ad esempio, Parisi? Le stesse di Pecoraro Scanio nel 2005, quindi nessuna. Le primarie-fuffa diventerebbero un plebiscito annunciato e allora addio serietà, competizione sugli uomini e sui programmi eccetera.
2) Che partito è un partito che, nemmeno nato, decide di affidare la scelta del suo leader a un elettorato dalla composizione variabile, visto che stando alle regole scelte chi e quanti saranno i «piddini» lo sapremo solo la sera del 14 ottobre? Rinuncerebbe all'unica funzione che dovrebbe restare in mano a un partito che vuole continuare a chiamarsi così, ovvero la selezione della classe dirigente. E meno male che il Pd nasce come erede di grandi partiti di massa... Ha ragione Gaetano Quagliariello: se piacciono le primarie, si faccia una legge che stabilisce regole certe. Non ci guadagna l'immagine ma la qualità democratica sì.
3) Ve l'immaginate il day after, quando Veltroni fosse eletto con il 90% dei voti? Con chi parlerebbero sindacati e associazioni di categoria, consumatori e intellettuali? Con un premier che s'aspetta solo di sapere quando sloggia o con il suo possibile successore? E Veltroni non sceglierebbe una marcata strategia di differenziazione rispetto al Prodino stappato e scoppiato? Grande confusione ci sarebbe sotto il cielo.
4) Fino ad oggi siamo tutti d'accordo che a Roma Veltroni è riuscito a fare un piccolo capolavoro di marketing politico, avvolgendo i problemi della Capitale in una coperta visionaria fatta di inaugurazioni, concerti, eventi culturali, aiuti all'Africa e messaggi elettorali pigliatutti, gigantesche operazioni d'immagine che costituiscono il succo del veltronismo. Una volta leader del Pd, però, Veltroni dovrebbe sporcarsi le mani con i conflitti veri, quelli che dividono nella nettezza delle scelte: che programma hai per il lavoro autonomo e per la riforma del pubblico impiego? Vuoi cambiare il welfare, vuoi modificare la Biagi come vuole Diliberto, vuoi fare l'alta velocità? Il Walter nazionale sgonfierebbe velocemente il suo charme che lo rende simpatico un po' a tutti.


5) A differenza di Prodi, scelto per rattoppare la coalizione dell'Unione, Veltroni sarebbe il leader di uno dei partiti del centrosinistra, certo il più grande, ma non sarebbe il leader di tutto il centrosinistra. E siamo sicuri che gli altri alleati, a partire dalla sinistra radicale con i suoi problemi di identità, si sistemeranno con docile arrendevolezza dentro il ventre molle del veltronismo?
Angelo Mellone

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