Cofferati condannato per condotta antisindacale

L'ex leader della Cgil è stato condannato per comportamento antisindacale su esposto dei rappresentanti dei lavoratori del Teatro Comunale. Il sindaco uscente di Bologna è, infatti, presidente della Fondazione Lirica. L'accusa: "Fu una serrata"

Cofferati condannato per condotta antisindacale

Bologna - Il sindaco uscente di Bologna ed ex leader della Cgil Sergio Cofferati è stato condannato per comportamento antisindacale, su esposto dei rappresentanti dei lavoratori del Teatro Comunale, nel suo ruolo di presidente della Fondazione Lirica. Ne danno notizia Fistel-Cisl e Fisals-Cisal, che accusano: "Fu una serrata".

Il sindacato contro Cofferati Dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello difeso da Cofferati con la imperiosa manifestazione di tre milioni di lavoratori al Circo Massimo, nel 2002, all’articolo 28, dunque, quello che regola la condotta antisindacale. Secondo l’accusa accolta dal tribunale del lavoro, Cofferati lo avrebbe violato il 22 marzo scorso, in occasione della prima delle quattro giornate di sciopero che impedirono la messa in scena della Gazza Ladra al teatro Comunale. Sulla bacheca del teatro comparve un avviso che i sindacati hanno giudicato illegittimo. C’era scritto, ricordò l’avvocato Renzo Cristiani, che tutela Fisal e Fistel, che nel caso di sciopero non sarebbero stati pagati nemmeno coloro che allo sciopero non aderivano. Fu giudicato un "atto intimidatorio".

Un gioco di responsabilità Cofferati con l’Ansa aveva sostenuto che a termini di statuto il responsabile non è il presidente della Fondazione, ma il sovrintendente, Mario Tutino. E che comunque in occasione di questi scioperi veniva violato da parte degli scioperanti uno dei principi cardine di una corretta lotta sindacale: e cioè che al danno inflitto al datore di lavoro con lo stop alle attività, corrispondesse un danno dei lavoratori, con la perdita della paga nelle ore di sciopero. Secondo Cofferati, in alcuni casi, in quel teatro era sufficiente che una sola categoria di dipendenti, magari gli addetti alle luci, alcune unità, bloccasse il lavoro di tutti. Col risultato che il danno era massimo per il teatro, mentre alle altre decine di dipendenti doveva essere riconosciuto per intero lo stipendio. In questo modo, aggiunse, diventava molto facile scioperare. Secondo il difensore, Mario Jacchia, il ricorso non stava in piedi, perchè quello che fu fatto dal teatro era stato solo un esercizio di trasparenza.

Il sindacato: "Fu una serrata" "La responsabilità della serrata è tutta di Cofferati che deve trarre le conseguenze di una sentenza per comportamento antisindacale". Quella di una gestione del Teatro Comunale "in perdita e padronale" è del sovrintendente, Marco Tutino, del quale "continuiamo a chiedere le dimissioni". Fistel Cisl e Fisal Cisal hanno commentato cduramente la sentenza del giudice del Lavoro. "Lo dice lo Statuto - ha detto l’avvocato Cristiani della Cisl - che è Cofferati il responsabile legale". "La sentenza è esecutiva, anche se la Fondazione può presentare reclamo", ha aggiunto l’avvocato Marica Morara della Cisal. Secondo i legali e i sindacati, la lettera era "intimidatoria" perché mirava "a condizionare la libertà di sciopero e il suo svolgimento sereno" e aveva l’effetto di dividere i lavoratori, mettendo gli uni contro gli altri: "Noi tuteliamo anche chi non la pensa come noi. Abbiamo fatto ricorso anche per loro, perchè hanno il diritto di non scioperare e dunque di non essere penalizzati in busta paga per lo sciopero di altri. La sentenza deve far riflettere chi l’ha subita". I sindacati hanno ricordato che la Boheme fu messa in scena, e mandata in onda in radio, nonostante lo sciopero dell’orchestra, con l’accompagnamento di un pianoforte. "Il difensore di Cofferati - è stato detto come esempio di 'arroganza' - ha detto invece che non si poteva mandare in scena la Gazza ladra con tre cani".

E sempre parlando di "arroganza", hanno citato la scelta della sede Cisl per la conferenza stampa, dovuta al "rifiuto di Tutino di dare una saletta": "E' un’assenza di dialogo continuo. Gestisce il teatro come un padrone, poi le spese però le paghiamo noi, come cittadini".

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