Riconoscibilissima ma altrettanto mutevole, la cifra attoriale di Iaia Forte è senza cliché né convenzioni: si muove tra palcoscenico e schermo sempre incarnando personaggi pensati e interpretati per lasciare un segno nella memoria. L'attrice e regista di teatro napoletana che ha lavorato tra gli altri con De Bernardinis, Martone, Cecchi, Emma Dante, Luca Ronconi in teatro, con Marco Ferreri, Marco Risi, Peter Greenaway, Valeria Golino, Paolo Sorrentino in La grande bellezza al cinema e che a teatro ha debuttato con Toni Servillo, apre il 2023 con una serie di presenze importanti: in scena con Mine vaganti (al Carignano di Torino fino all'8 gennaio, poi in tournée fino a marzo), uno degli spettacoli campione di incassi della scorsa stagione in tutti i principali teatri italiani, diretta da Ferzan Ozpetek e insieme a Francesco Pannofino, Simona Marchini, Edoardo Purgatori, Carmine Recamo; sul piccolo schermo, su Netflix, con un titolo da classifica: Natale a tutti i costi, per la regia di Giovanni Bognetti, insieme a Christian De Sica e Angela Finocchiaro; in attesa dell'uscita di Nata per te, con la regia di Fabio Mollo.
Instancabile, non c'è che dire. Questo mix fra teatro e cinema, alto e basso, è normale o stupisce ancora?
«Per me è naturale: ne ho fatte talmente tante di strane... ho fatto tutto. Anche l'uomo. Forse mi manca un animale... Ma sono così curiosa: ci sono un sacco di ruoli che vorrei fare e non mi pongo più il problema del fatto che siano opportuni. In questo momento della mia vita adoro fare le commedie. Che non sono poi così frequenti, comunque».
Allora parliamo di questa commedia che sta sbancando i teatri come ha sbancato al cinema a suo tempo: Mine vaganti. Campione di incassi lo scorso anno, esauriti ovunque: non è così frequente in teatro. Qual è il segreto?
«Il film di successo, come dicono tutti? Può essere. Ma sul palcoscenico questa parentela può reggere fino a un certo punto. Uno dei segreti è la sua struttura speciale: la narrazione di una famiglia e l'accettazione di una non convenzione. Due figli omosessuali: uno lo dichiara apertamente, l'altro dice che vuole fare lo scrittore, la famiglia borghese di un paesino del meridione, la reazione dei genitori. Lo spettatore compie con noi, attraverso i meccanismi della commedia - perché si ride molto - un processo di accettazione. Quindi è felice non soltanto perché vede una commedia, ma anche perché effettua un esorcismo sulle sue stesse paure».
Perché chi ha già visto il film viene anche a teatro?
«Nello spettacolo si ride più che nel film, ed è un fatto. Ma soprattutto Ferzan ha immaginato che gli spettatori siano gli abitanti della città in cui la famiglia vive: interloquiamo con il pubblico e questo crea un gioco in cui lo spettatore, senza essere tirato dentro, si sente coinvolto. E poi la famiglia protagonista vince sempre, come in Eduardo: in Italia la famiglia è un'istituzione intoccabile e qui si ride e ci si commuove sulla famiglia».
Nemmeno un momento di disagio?
«Come no? Il coming out nel momento di festa in famiglia provoca sempre turbamento. Non è tutto superato, altrimenti lo spettacolo non avrebbe il successo che ha».
La sua in scena è sempre un'identità fortissima: come ha costruito la mamma Cantone di Mine vaganti?
«Avendo in passato fatto il maschio, la prostituta, la monaca, direi che questa madre borghese è il ruolo più esotico che abbia mai interpretato. Mi diverte incarnare questa donna un po' reazionaria, ignorante, dalle forme grossolane, l'imprinting quasi maschile di determinazione e forza e il vittimismo come ricatto. Non sono madre nella vita: ho giocato con i codici materni».
Dal palcoscenico al cinepanettone di Netflix, Natale a tutti i costi: che cosa cambia?
«Io ho fatto Ronconi e il teatro straimpegnato, ma alla fine un attore è un giocatore e deve mettersi in gioco, continuamente».
Anche con gli audiolibri.
«Amo leggere e dare voce alle grandi scrittrici. Ho acquisito i diritti esclusivi per registrare Elsa Morante. Sono l'unica che può fare un audiolibro da La storia, da L'isola di Arturo».
Quale personaggio manca da mettere in repertorio?
«Non sono particolarmente femminista, né rivendicatrice del femminile, ma in
un Paese come l'Italia che non considera le donne di una certa età e le vede soltanto come madri o come zie, mi piacerebbe al cinema un bel ruolo fico di donna adulta, non accessorio al protagonista maschile o ai figli».
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