La prima giornata della Conferenza Internazionale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite sul clima, che si sta tenendo a Durban, in Sud Africa, inizia tra lo scetticismo generale. La Conferenza si sta concentrando in questo momento sul tema della riduzione delle emissioni di gas serra, ma la speranza di raggiungere i risultati che ci si aspetta dalla Conferenza è infatti minata dalla mancanza di un accordo politico e dalla situazione economica internazionale.
Sul tavolo anche l'ampliamento del protocollo di Kyoto e il Fondo verde per il clima e proprio questo preoccupa maggiormente, visto lo stanziamento di 100 miliardi di dollari per aiutare i Paesi in Via di sviluppo a crescere in modo sostenibile, sul quale le prime lamentele erano già arrivate alla Conferenza sui cambiamenti climatici (Cop16) di Cancun. La dotazione è considerata infatti assolutamente insufficiente rispetto alle necessità. Alberto Zoratti, di Fair, organizzazione equosolidale presente a Durban contestualmente alla Ret internazionale Climate Justice Now!, ha commentato lo stanziamento previsto, sottolineando come sia "meno di un decimo di quello che i soli Stati Uniti hanno stanziato per salvare le banche". Una scelta che ribadisce "un disimpegno globale" e mostra chiaramente come "la finanza sia più importante dei destini di un intero pianeta".
Zoratti ha poi commentato la necessità di "un accordo concreto e vincolante", per sconfiggere "gli impatti del cambiamento climatico, già evidenti" e che "colpiscono in primis le comunità più fragili". Impatti climatici che sono visibili in diversi eventi, dalle recenti inondazioni in Thailandia, alla siccità devastante che sta colpendo il Corno d'Africa e le zone del Pacifico e che impongono decisioni in tempi rapidi.
Secondo il dipartimento dell'energia di Washington, le emissioni di gas climalternati nel mondo hanno raggiunto nel 2010 un aumento del 6%, assolutamente inaspettato, soprattutto a fronte della crisi economica, che doveva teoricamente avere come "effetto collaterale" la riduzione delle emissioni. Ad essere a rischio, nella situazione attuale, sono milioni di piccoli produttori, conclude Zoratti. Produttori che si trovano soprattutto "nelle zone più povere, come l'Africa Subsahariana".
E se la questione relativa al Fondo appare complicata, lo è anche la situazione del prolungamento del protocollo di Kyoto. La soluzione che sembra la più probabile in questo momento è l'adozione di un regime transitorio che duri da qui al 2020, al quale sia affiancata la costruzione di un accordo a livello globale sulla riduzione dell'emissione di gas serra, ma la partita rimane aperta anche per quanto riguarda il trasferimento delle migliori tecnologie disponibili, la cooperazione internazionale e gli strumenti finanziari, nonché la lotta alla deforestazione. E si fa più probabile l'idea, sostenuta da Stati Uniti, Giappone, Russia, India e Brasile, tra i maggiori inquinatori mondiali, per una pausa di riflessione che duri fino al 2015.
Ma i Stati delle Piccole Isole, tra i più colpiti dai cambiamenti climatici, minacciano di boicottare i negoziati se non si parlerà in termini chiari di una diminuzione delle emissioni.Le priorità italiane riguardano politiche ambientale per la salvaguardia ambientale e sviluppo sostenibile.
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