Conferma dagli Usa le statine evitano il reinfarto

Ignazio Mormino

Dopo undici anni di ricerche - e di successi - le statine si confermano decisive nella prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari. È infatti del 1994 la presentazione a Dallas dello Studio 4S, svolto nei Paesi scandinavi, che aveva dimostrato i benefici della simvastatina per la riduzione del colesterolo in pazienti con malattie coronariche. Sempre a Dallas, nei giorni scorsi, durante una sessione dell’American heart association, è stato presentato un nuovo studio, chiamato «Ideal», che conferma l’utilità del trattamento con statine. Lo studio Ideal è durato cinque anni ed ha riguardato 8.880 pazienti (età media 62 anni) già colpiti da infarto del miocardio. Una parte di essi è stata trattata con simvastatina, un’altra con atorvastatina. Il professor Terje Pedersen, dell’Università di Oslo, coordinatore di questo studio e, undici anni fa, dello Studio 4S, ha dichiarato che nei pazienti trattati con atorvastatina la protezione è stata più alta. In particolare i primi hanno ottenuto «risultati statisticamente significativi»: riduzione del 17 per cento degli infarti miocardici e del 13 per cento degli eventi cardiovascolari maggiori, compreso l’ictus.
Anche la riduzione del «colesterolo cattivo» è stata maggiore: si è raggiunto il parametro 81, contro il parametro 104 dei pazienti curati con simvastatina. È un’altra significativa vittoria delle statine, che rappresentano una autentica rivoluzione farmacologica per la loro efficacia ma anche perché sono farmaci «sicuri, capaci di evitare esperienze drammatiche come un secondo infarto del miocardio, un ictus cerebrale, un intervento in extremis di by-pass coronarico. Le malattie cardiovascolari rappresentano oggi, nei Paesi civilizzati, la prima causa di morte. La maggioranza dei pazienti che ne soffrono hanno alti livelli di colesterolo nel sangue e sono quindi più esposti al rischio di infarto e di ictus. Le più recenti linee-guida del National Cholesterolo education program conferma il valore aggiunto d’un trattamento decisamente ipocolesterolemizzante con atorvastatina, accanto all’esercizio fisico, a una revisione della dieta e delle attività stressanti. L’obiettivo terapeutico, nei pazienti a rischio, è quello di non superare quota cento di colesterolo.
Efficacia e sicurezza di atorvastatina, dal 1996 ad oggi, vengono riunite nel programma di ricerche chiamato Alp, Atorvastatin landmark program, che ha già dato vita a quattrocento studi clinici che hanno interessato o stanno interessando ottantamila pazienti. Tra gli studi già completati, il più convincente si chiama «Alliance».
Pubblicato esattamente un anno fa (novembre 2004) sul Journal of the american college of cardiology, questo studio ha riguardato 2.500 pazienti affetti da cardiopatia ischemica e curati con dosi «aggressive» di atorvastatina. Risultati: i pazienti che hanno partecipato allo studio «Alliance» hanno visto ridursi del 17 per cento eventi mortali legati ad arresto cardiaco, infarto miocardico, angina instabile. Sono diminuiti del 47 per cento invece gli infarti miocardici non fatali. A livello internazionale, questo risultato è stato giudicato ottimo.


È stato anche dimostrato che un trattamento precoce e intensivo con atorvastatina dopo una sindrome coronarica acuta può risolvere senza danni ogni evento avverso. Questi risultati rappresentano la premessa di nuovi ricerche internazionali che partiranno nei prossimi mesi in molti Paesi europei e negli Stati Uniti.

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