Consumavamo un quarto dei sacchetti di plastica dell'Ue, ora si cambia

Dal 1 gennaio sono al bando. Legambiente lancia la proposta: «Con la sporta della nonna risparmierete 180mila tonnellate di co2»

Il mondo è infestato dai sacchetti di plastica e in Europa ogni anno ne vengono utilizzati circa 100 miliardi, il 25 per cento dagli italiani, pari a 20 miliardi di buste all'anno. Un dato che dovrebbe cambiare adesso, dato che dal 1 gennaio scorso sono stati messi al bando (un divieto che avrebbe dovuto scattare all'inizio del 2010 ma che era stato posticipato di un anno). «Dagli anni '80 ci siamo sempre più lasciati andare all'usa e getta, perdendo alcune sane abitudini rimaste invece, almeno in parte, negli altri paesi europei», dice Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente. «È stato un cambiamento di abitudini troppo sbrigativo, che ci ha fatto dimenticare la sporta della spesa, come pure ci ha fatto smantellare la filiera del vuoto a rendere. Oggi - sottolinea Ciafani - con la messa al bando dei sacchetti di plastica dobbiamo recuperare alcune delle sane abitudini di un tempo».
L'ambiente non può che trarne giovamento: «Sostituendo con 10 sporte riutilizzabili i 300 sacchetti di plastica che ogni italiano consuma all'anno, risparmieremo più di 180 mila tonnellate di petrolio e altrettante di emissioni di CO2, ma soprattutto eviteremo di disperdere nei campi, lungo le rive dei fiumi, nei mari plastica indistruttibile», aggiunge Ciafani.
Legambiente, già nel novembre scorso, in previsione dell'auspicato divieto agli «shopper» in polietilene aveva fatto votare la gente. Erano stati organizzati un centinaio di «seggi» all'uscita di supermercati e centri commerciali. Sulla scheda veniva chiesto di indicare l'alternativa preferita al sacchetto di plastica, con tre opzioni: la vecchia sporta della nonna, i sacchetti in bioplastiche e i sacchetti di carta. «Il risultato è stato - ricorda Ciafani - che il 75% ha scelto la vecchia e buona sporta della nonna nelle sue diverse varianti, dalla borsa alla retina».
I sacchetti di plastica sono utili per poche ore ma producono danni per un tempo lunghissimo: un sacchetto resta infatti nell'ambiente anche per secoli, da un minimo di 15 anni a un massimo di 1000 anni secondo l'Agenzia Europea per l'Ambiente. Le stime parlano di una commercializzazione annua mondiale di circa 1000 miliardi di sacchetti: anche se solo una frazione di questi viene dispersa nell'ambiente, provoca la morte di milioni di pesci, balene, delfini, tartarughe e altri animali. L'Unep stima in un milione il numero di uccelli marini uccisi. Si sono trovati frammenti di plastica perfino nei nidi degli albatros in remote isole dell'Oceano Pacifico. Non ultimo, il problema della tossicità: nella stampa dei sacchetti, specialmente nei paesi in via di sviluppo, sono spesso utilizzati coloranti cancerogeni e metalli come additivi che vengono rilasciati nell'ambiente per poi riconcentrarsi negli organi interni delle specie, esseri umani compresi.


I sacchetti sono anche aerodinamici, basta poco vento per trasportarli e, a volte, formano vere e proprie «isole» come a 800 miglia a nord delle Hawaii, nell'Oceano Pacifico, il cosiddetto Pacific Vortex, con un estensione che varia a seconda delle stime tra i 700 mila e i 10 milioni di Km2 e con un peso stimato di 3 milioni di tonnellate. Concentrazioni variabili di plastica si trovano anche nel Mediterraneo e sulle sponde dei mari italiani.

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