Così Kafka è rinato come «musa d’artista»

La grandezza letteraria di Franz Kafka (1883-1924) e la sua vita, divisa nella natia Praga tra il lavoro di impiegato (prima nelle Assicurazioni generali e poi nell’Inail dell’Imperiale Regio Governo) e la scrittura cui dedicava le ore notturne, sono lo spunto per far esplodere la creatività di Lillo Bartoloni nella mostra «Appunti su Kafka», ospitata fino al 29 dicembre nel centro ebraico Pitigliani (in via Arco dei Tolomei, 1). Nato a Roma nel 1948, Bartoloni ha trovato per anni la sua ispirazione nei viaggi, rappresentando grandi spazi, mare, barche e animali. I suoi dipinti filtrano la realtà in immagini essenziali e l’universo simbolico che costruisce è fatto di silenzio, gioco, ironia. Secondo Vittorio Sgarbi egli dipinge «fondali cilestrini dove non tramonta il sole, c’è sempre luce. Non solo, ma nel suo cielo non piove mai e non si vede mai la città, sempre il mare».
Questo mondo ingenuamente «infantile» in questa mostra romana viene parzialmente abbandonato per toccare il male dell’essere. E allora, ecco apparire in alcune tele addirittura uno sfondo nero, come in «Appunti sul Castello 2», o in «Appunti per il Processo 3», due acrilici cui ben si addicono le parole che leggiamo nel catalogo: «L’uomo è considerato sempre colpevole da una giustizia misteriosa, amministrata da una giustizia meschina».
Il cambiamento, o il passaggio al nero, per usare un termine alchemico, è dovuto all’incontro con il mondo letterario ebraico, iniziato a partire dal ’96 con la lettura dei romanzi dello scrittore Isaac B. Singer e proseguita quindi con Kafka. Da allora Bartoloni ha rappresentato solo quella singolare realtà, che lo accosta per certi versi a Marc Chagall, in particolare per l’atmosfera onirica e un po’ folle della sua pittura, anche se da un punto di vista stilistico è stato definito "neo-espressionista».
Al Pitigliani sono esposti 20 dipinti, 15 disegni, 5 ceramiche sul tema del Processo e 5 sculture, sagome sottili dipinte su entrambi i lati, realizzate in legno o in ferro, tra cui «Il giovane Kafka» dall’aria spaurita e «Kafka al teatro Hiddish».

Una scultura fragile e precaria la sua, che ben si adatta alla scrittura tragica di Kafka, dove sono di casa il senso di colpa, l’incomunicabilità della natura umana, il lavoro inteso come obbligo, gerarchia e formalismo.
Orario: dal lunedì al giovedì 10-12 e 15-17; venerdì 10-12.

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