"Così la manovra penalizza l'economia del mare italiana"

Sale la protesta degli addetti ai lavori. Le forti perplessità della Federazione del Mare: la tassa sullo stazionamento nelle acque nazionali di imbarcazioni italiane o estere, penalizza drammaticamente l’economia che trae alimento dalla nautica da diporto e dal turismo nautico. Chieste forme di tassazione alternativa. Federagenti: "La norma sposterà flussi turistici e economici in altre aree del Mediterraneo". Prevista una perdita del 50% dei flussi crocieristici dei grandi yacht

"Così la manovra penalizza l'economia del mare italiana"

Sale la protesta degli addetti ai lavori, convinti come sono che la cura Monti, indigesta per tutti, darà il colpo di grazia all’Economia del Mare e, in particolare, alla nautica da diporto già duramente colpita dalla crisi.

La Federazione del Mare, che riunisce il cluster marittimo italiano, pur condividendo la necessità della cosiddetta "manovra salva Italia", esprime forte perplessità: la tassa sullo stazionamento nelle acque nazionali di imbarcazioni italiane o estere, penalizza drammaticamente l’economia che trae alimento dalla nautica da diporto e dal turismo ad essa legato. La Federazione raccomanda pertanto che nell’iter di conversione della norma in Parlamento venga valutata la possibilità di ricorrere a forme di tassazione alternative delle unità da diporto, che non ne scoraggino la permanenza nelle nostre acque.

Il sistema marittimo italiano costituisce uno dei soggetti economici dello sviluppo, come rilevato dal Censis nel 45° Rapporto Annuale presentato recentemente a Roma e Milano, e produce complessivamente beni e servizi per un valore di 39,5 miliardi di euro (2,6% del Pil). L’Italia è prima in Europa nell’interscambio via mare con 240 milioni di tonnellate di merci e nel turismo crocieristico con 6,7 milioni di passeggeri, nonché nel mondo nella costruzione di navi passeggeri e motoryacht di lusso, fornendo occupazione a circa il 2% della forza lavoro del Paese (480mila addetti).

Costituita nel maggio 1994, la Federazione del Sistema Marittimo Italiano (Federazione del Mare) riunisce oggi gran parte delle organizzazioni del settore: Aidim (diritto marittimo), Ancip (lavoro portuale), Ania (assicurazione), Assologistica, Assoporti (amministrazione portuale), Assonave (cantieristica navale), Assorimorchiatori (rimorchio portuale), Collegio Capitani (stato maggiore marittimo), Cetena (ricerca navale), Confitarma (navigazione mercantile), Federagenti (agenzia e intermediazione marittime), Fedepiloti (pilotaggio), Federpesca (navigazione peschereccia), Fedespedi (trasporti internazionali), Inail (ex Ipsema, previdenza marittima), Rina (certificazione e classificazione), Cons.A.R. (ricerca) e Ucina-Confindustria Nautica.

Per Federagenti, "la norma contenuta nel decreto sposterà i flussi turistici ed economici in altre aree del Mediterraneo (come purtroppo sta già avvenendo, ndr) evitando volutamente l’Italia, tenuto conto che si tratta di clientela internazionale (solo il 4% degli utilizzatori dei grandi yacht é italiano) di cui una grande parte di società di charter".

Se si considera che nel Mediterraneo esiste un’offerta turistica appetibile e competitiva anche in Francia, Spagna, Croazia, Turchia, Grecia, sarà inevitabile una perdita, stimabile in ben oltre il 50% dei flussi crocieristici dei grandi yacht in Italia con conseguente impatto sull’occupazione. Tutto questo – secondo Federagenti - è purtroppo già avvenuto in passato con la cosiddetta "Tassa Soru", dichiarata peraltro illegittima dalla Corte di Giustizia Europea.

"Non parliamo solo della spesa tecnica del costo-scalo – prosegue la nota - ma anche dell’indotto generato dalla spesa turistica degli utilizzatori ed anche degli equipaggi dei Super Yacht. Per dare un ordine di grandezza nazionale, lo scorso anno il turismo nautico generato dai grandi yacht, per il solo tramite gli agenti marittimi, ha portato sul territorio italiano oltre 200 milioni di euro di spesa tecnica, cioè direttamente riconducibile allo scalo della nave (ormeggio, rifornimento carburante, cambusa, riparazioni, allestimenti floreali, eventi sul territorio)".

Una cifra prodotta in gran parte durante la stagione estiva (in media 5 mesi in un anno), ma che non comprende le spese effettuate direttamente dall’imbarcazione (ospiti ed equipaggi) nei ristoranti, saloni di bellezza, alberghi, impianti termali, discoteche, esercizi commerciali e artigianali di eccellenza del made in Italy. Queste risorse economiche così generate e tutte redistribuite sul territorio sono un importante contributo a sviluppo ed occupazione locale.

Sul piano dell’indotto economico e occupazionale generato dalla cantieristica e la sua filiera, è poi riconosciuto come - grazie all’opera svolta dalle agenzie marittime - le grandi imbarcazioni da diporto si siano fidelizzate ed abbiano eletto i porti italiani come gli home port dove passare la stagione di fermo invernale e dedicarsi agli interventi di servizio e manutenzione.

"Benché l’ultima versione del provvedimento escluda dalla tassazione il fermo tecnico dell’unità – recita il documento - è evidente come l’allontanamento dalle nostre coste durante la stagione estiva porterà alla conseguente rottura di quel rapporto di fiducia generale con le nostre coste che tanto faticosamente il sistema dello yachting italiano ha creato in questi anni. Gli agenti marittimi italiani, consci del momento storico e pronti a fare sacrifici, ritengono tuttavia che sia importante incentivare quella che è una naturale vocazione dell’Italia: il turismo che ha dimostrato di subire meno di altri gli effetti della crisi".

Gli agenti marittimi specializzati nello yachting sono un eccellenza del made in Italy.

Si tratta di circa 50 agenzie marittime, per lo più aziende familiari, che impiegano oltre 300 persone e che sono in grado di produrre occupazione stabile con una operatività reale fortemente stagionale che va dai 4-6 mesi della Liguria e Campania ai poco più dei 2 mesi della Costa Smeralda in Sardegna.

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