Crisi iraniana: così com’è l’Onu non serve

Alberto Indelicato

A quanto pare George W.Bush ancora una volta l’ha fatta grossa. Egli ha infatti nominato quale ambasciatore all’Onu John Bolton senza attendere che sulla sua scelta si pronunciasse il Senato. Sembra infatti che i rappresentanti democratici e - si dice - anche qualche repubblicano fossero intenzionati a votare contro la nomina di un politico noto per le sue opinioni troppo nette.
Il motivo dello scandalo però non è stato soltanto il fatto che sia mancato il parere dei senatori - il che è peraltro pienamente legittimo durante il periodo estivo - quanto per l’appunto la considerazione non eccelsa in cui il nuovo ambasciatore tiene notoriamente l’organo presso il quale rappresenterà gli Stati Uniti. Insomma Bolton e con lui il suo presidente sono accusati di aver offeso la sacralità dell’Onu. Non conta il fatto che la nomina fosse urgente in considerazione della sessione autunnale dell’Assemblea e non vale neppure la necessità che il presidente sia rappresentato da persona che goda la sua piena fiducia. La scelta dell’ambasciatore infatti deve tenere conto principalmente dell’esigenza che sia fedelmente rappresentata la politica estera dell’amministrazione e non dipendere dalle suscettibilità dei funzionari internazionali o degli altri Stati.
È vero. Bolton non ha mai fatto mistero del suo scetticismo sulla utilità pratica (quella propagandistica è un’altra cosa) dell’Onu nella soluzione dei problemi della comunità internazionale. Si dà il caso che proprio nel corso della prossima sessione potrebbero esser prese in considerazione alcune crisi venute adesso a maturazione.
È il caso posto dall’Iran che, malgrado le messe in guardia dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica, ha deciso di rompere i sigilli che i suoi esperti avevano posto alla centrale nucleare di Isfahan ed ha comunicato di voler riprendere l’arricchimento dell’uranio necessario per costruire l’arma nucleare. Ciò facendo, Teheran ha violato il trattato di non proliferazione che aveva liberamente sottoscritto, ma principalmente ha interrotto bruscamente i negoziati in corso con il terzetto dell’Unione Europea (Gran Bretagna, Germania e Francia), che mediante varie concessioni tentava da molti mesi di convincerla a rinunciare ai suoi progetti di armamento nucleare.
È possibile perciò che in settembre una sessione speciale del Consiglio dei Governatori dell’Agenzia Atomica Internazionale esamini la questione e che in quella sede si prenda atto della violazione dei trattati da parte dell’Iran. A questo punto non resterebbe che segnalare il caso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Teheran, che ha certamente scontato questa possibilità, ha deciso probabilmente di non preoccuparsene poiché sa che qualunque proposta di sanzioni si scontrerebbe con il veto di uno dei membri permanenti: la Cina, la Russia o anche, perché no?, la stessa Francia, che non è nuova all’arte di puntare su due carte.


In queste condizioni (ma in passato ce ne sono state a bizzeffe), come scandalizzarsi dell’affermazione di Bolton sulla inutilità di almeno dieci piani del Palazzo di Vetro? Tutto ciò non toglie che, non potendo risolvere i gravi problemi del mondo, gli stati membri e lo stesso segretariato dell’Onu si dedichino al più divertente passatempo di studiare nuovi assetti e nuovi organigrammi, che pur non cambiando in nulla la situazione daranno soddisfazioni di prestigio a qualche Paese e serviranno magari a far guadagnare alcuni voti a qualche uomo politico.

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