Crocifisso a scuola Strasburgo benedice le ragioni dell’Italia

RomaSemaforo verde al ricorso italiano contro la sentenza che, ai primi dello scorso novembre, aveva bocciato la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche della penisola. Non è ancora la “soluzione” del caso, visto che la decisione presa ieri da un panel di cinque magistrati fa solo sì che ora, a discutere della questione portata a Strasburgo da una italo-finlandese residente ad Abano Terme, dovrà essere la cosiddetta “Grande Camera” della Corte dei diritti dell’uomo. Ma indubbiamente è un passo di rilievo. Visto che i cinque giudici che hanno esaminato il caso, accogliendo il ricorso presentato dalle autorità italiane a fine gennaio, hanno in pratica riconosciuto che la questione sollevata crea «gravi problemi di interpretazione o di applicazione» della Convenzione o comunque rappresenta «una importante questione di carattere generale». Toccherà a questo punto ad un nuovo collegio di 17 giudici esaminare nuovamente a fondo la questione e stabilire se è giusta la richiesta della signora Soile Lautsi e per la quale la presenza del crocifisso in aula lede la libertà di religione degli alunni o se, al contrario - e come esposto nel ricorso presentato dallo Stato italiano e che ieri è stato assunto per buono - deve valere in primo luogo il principio della sussidiarietà, in base al quale il crocefisso, oltre che un simbolo religioso, è anche emblema di una cultura e di una tradizione non solo nazionale ma anche europea.
Soddisfazione, naturalmente, per questo primo round vincente a Strasburgo nei palazzi romani. Franco Frattini per primo, che nel ruolo di ministro degli Esteri aveva seguito la vicenda fino a prendere parte ad una riunione del Consiglio europeo proprio a fine del gennaio scorso, si è detto soddisfatto «per l’accoglimento di numerosi e articolati motivi di appello». «Lieto» anche il presidente della Camera Gianfranco Fini, che comunque ha fatto sapere di «non aver mai avuto dubbi sull’accoglimento del ricorso» dato che «la laicità delle istituzioni non può certo significare l’espulsione a forza di simboli universali come il crocefisso». Nè a sinistra si sono levate voci in dissonanza (almeno fin qui), e tanto Farinone (presidente della commissione Affari europei a Montecitorio) che Rusconi (capogruppo in Senato nella commissione Pubblica istruzione), entrambi Pd, hanno commentato positivamente il ristabilimento «del buon senso».
Anche a Bruxelles gli europarlamentari italiani hanno accolto con soddisfazione l’accoglimento del ricorso del governo, con cui si cancella la sentenza con cui, all’unanimità, la Corte a novembre decise di accogliere l’istanza della Lautsi, condannando tra l’altro il governo italiano a risarcirla con 5.000 euro per «danni morali». Mario Mauro, capogruppo del Pdl a Bruxelles parla di un «primo importantissimo passo» cui si augura naturalmente possa seguire il ribaltamento della sentenza». Stesse analisi da parte di Roberta Angelilli, sempre del Pdl.
Ma a farsi sentire forse maggiormente, tornando in Italia, sono stati gli uomini della Lega. Forse anche perchè da tempo hanno imbracciato la croce nella loro strategia di contenimento dell’espansionismo islamico. Così se Castelli si limita a segnalare «il prevalere del buonsenso», il candidato governatore del Veneto, ministro Zaia, parla di «atto dovuto a quanti sostengono la libertà in tutte le sue forme», non dimenticando di rilevare come «l’intera tradizione europea, e quindi anche la nostra identità, sia costruita sul simbolo del crocefisso».
«Ora si tratta di aspettare una decisione che speriamo sia positiva nel merito» chiude il ministro per gli Affari comunitari Andrea Ronchi. Obiettivo che si prefigge anche la Chiesa cattolica, dalla quale parte la riflessione del portavoce Cei monsignor Pomilio, per il quale la decisione è «segnale interessante che dimostra come, attorno al crocefisso si sia creato un consenso più ampio di quello che si sarebbe immaginato».

E per il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, si tratta di «un atto di buon senso da tutti auspicato perchè rispetta quello che è la tradizione viva del nostro Paese» e perchè «riconosce un dato storico oggettivo secondo cui alla radice della cultura e della storia europea c’è il Vangelo che è riassunto in Gesù Crocifisso».

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