Arrestata la prof amante di Messina Denaro

La donna proteggeva la latitanza del boss morto di cancro. La gelosia con un'altra donna decisiva per ricostruire la rete di complicità

Arrestata la prof amante di Messina Denaro


Prosegue la caccia instancabile dei Ros ai fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, il superboss della mafia rimasto latitante per quasi trent’anni, arrestato il 16 gennaio 2023 davanti a una clinica privata di Palermo, dove si stava curando per il cancro, che lo ammazzerà il 25 settembre di due anni fa, otto mesi dopo la cattura, nell’ospedale del penitenziario dell’Aquila, dov’era stato trasferito dopo essere stato arrestato.

A proteggere la sua latitanza ci avevano pensato in tanti, compresa Floriana Calcagno, l’insegnante arrestata stamattina dagli investigatori del Servizio centrale operativo e del Ros. La donna era indagata, in concorso con altri, per favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena, aggravati dall’essere stati commessi al fine di avvantaggiare l’associazione mafiosa Cosa nostra. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. La donna era una delle tante amanti della primula rossa della mafia ed è parente con il boss di Campobello di Mazara Francesco Luppino, storico uomo di fiducia del clan di Messina Denaro.

Decisivi per la ricostruzione dei rapporti tra la donna e Messina Denaro, di cui probabilmente lei conosceva la vera identità, sono stati tabulati telefonici, traffici sulle celle e le immagini di videosorveglianza raccolte nelle ultimi fasi della latitanza di Messina Denaro, che dimostrerebbero secondo gli inquirenti «il sostegno logistico, l’aiuto e il supporto morale e materiale nel territorio di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo, Tre Fontane e in altre località della provincia di Trapani, al fine di soddisfarne anche le primarie esigenze personali, assicurandogli attraverso un sistema di staffetta e scorta con la propria autovettura, la possibilità di spostarsi in modo riservato sul territorio e di non essere catturato dalle forze dell’ordine». Le perquisizioni sono ancora in corso nella provincia di Trapani, con il supporto dei reparti Prevenzione crimine della polizia e di personale dello Squadrone eliportato Cacciatori Sicilia dei carabinieri.

La donna ha ovviamente cercato di ridimensionare il suo rapporto con il boss, sostenendo di non aver capito chi fosse davvero e minimizzando la loro presunta relazione sentimentale, con delle «dichiarazioni assolutamente menzognere», scrivono i pm. «L’ultima volta che l’ho visto è stato in occasione dell’incontro di ottobre presso la sua abitazione - aveva detto l’insegnante agli inquirenti - lui mi ha più volte chiesto di rivederci, ma io ho negato poiché la storia mi stava iniziando a creare forte tensione, trattandosi di storia clandestina in un piccolo centro cittadino e peraltro sentivo che non era una cosa che mi faceva stare bene».

Di tutt’altro tenore il risultato delle indagini, da cui emergerebbe, scrivono i magistrati, incontri intimi tra il latitante e la donna anche nel mese di dicembre 2022 (qualche settimana prima degli arresti, ndr) e sempre nel covo». Insomma, la Calcagno non solo starebbe mentendo e avrebbe omesso di parlare dei tanti incontri avuto nell’estate col boss, ma per i magistrati sarebbe parte dell’articolata e ristretta «rete di soggetti totalmente asserviti al latitante per il soddisfacimento delle proprie esigenze personali», ipotesi confermata dalla parentela della donna con gli ambienti mafiosi della famiglia Luppino, «in un contesto quindi di rapporti e relazioni quanto meno grigie».

Fondamentali, oltre agli appunti trovati nel covo del capomafia, gli scritti indirizzati al boss da un’altra sua amante, la maestra Laura Bonafede, già condannata per associazione mafiosa. La gelosia tra le due donne sarebbe stata decisiva per stanare il boss e per retrodatare la relazione sentimentale con la Calcagno a qualche anno prima.

Nelle lettere per il ricercato infatti la Bonafede indicava Calcagno con una serie di soprannomi, come «Handicap, Acchina o Sbrighisi». Incrociandoli con altri elementi, come le immagini registrate da diverse videocamere che hanno immortalato episodi raccontati dalla Bonafede e relativi alla donna, gli inquirenti hanno capito chi si celasse dietro gli pesudonimi. Dal manoscritto trovato nel covo del ricercato emerge tutta la gelosia della Bonafede verso Calcagno. «Dici che Acchina ti aiuta come può. Ma cosa può fare per te?», scriveva.

Questo secondo i magistrati significherebbe che il latitante aveva rivelato la sua identità alle donne, entrambe partecipi della rete di protezione della sua protezione. «Per ora se penso a Sbrighisi che passava con quella faccia compiaciuta, dopo essere stata con te, le bastonate gliele darei eccome», scriveva la Bonafede, che avrebbe visto la Calcagno uscire dal covo di Campobello di Mazara dove il latitante trovava rifugio.

«Stavolta mi è cambiato l’umore, quella scena mi ha cambiato la giornata. Alle 11.40 circa ho visto Handicap che usciva dalla zona chiave, dritta come un palo e con una Louis Vitton sicuramente regalata da te. Regali borse come un distintivo? Fuck», sbottava la donna.

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