"Gli ho conficcato il coltello nel petto". La confessione choc dell'assassino di Manuel a Rozzano

Sono 19 le pagine di verbale per la confessione di Daniele Rezza per l'omicidio di Manuel Mastrapasqua: "Quando ho scoperto che era morto non è stato un granché, mi sentivo vuoto"

"Gli ho conficcato il coltello nel petto". La confessione choc dell'assassino di Manuel a Rozzano
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"Quando ho scoperto che il ragazzo era morto non è stato un granché, mi sentivo vuoto, a me dispiace, non conosco la famiglia di questo, ma ho tolto la vita a un cristiano che è figlio di qualcuno". Sono queste le parole pronunciate da Daniele Rezza, 19 anni, quando ha confessato l'omicidio di Manuel Mastrapasqua venerdì 11 ottobre poco prima delle 3 del mattino a Rozzano. "Anche mio padre e mia madre, dargli questa disgrazia... Non se lo sarebbero mai aspettato", ha detto ancora, prima di ricostruire quanto accaduto quella notte che ha cambiato per sempre la vita di due famiglie.

"All'inizio gli volevo prendere tutto, tutte le cose, in generale. Appena l'ho visto in lontananza mi è partita la decisione di prendergli tutto, tutto quello che aveva", ha detto al pm, "mi sono avvicinato al giovane ad una distanza di circa due metri, un metro e mezzo, gli ho direttamente strappato le cuffie che aveva messe dietro la nuca, al collo". Pare che Manuel non lo abbia aggredito in quel momento ma Rezza ricorda poco, perché ammette di aver bevuto quella notte, forse 6 drink e due bottiglie di vodka. "Mi difendo e ho preso il coltello conficcandoglielo sul petto ma l'ho tolto subito e non ho visto il sangue. Ho sentito solo un sospiro, qualcosa, e da lì sarà caduto a terra ma non ci ho fatto caso, perché sono scappato subito dopo averlo accoltellato", ha proseguito nella sua fredda ricostruzione. A quel punto torna a casa e si mette a letto: "Ho dormito tranquillo senza sapere che fosse morto. Al mattino ho aperto tiktok e ho visto la notizia di un ragazzo morto a Rozzano e ho pensato che ero stato io, perché la via era quella".

Poi, rivela quello che è successo coi genitori: "Mio padre era incredulo secondo me: come ci rimani quando pensi che un figlio di 19 anni uccide una persona? Mio padre mi diceva 'sarà stato qualcuno' e io dicevo 'forse sono stato io', ma mio padre era convinto che fosse stato qualcun altro". Rezza sostiene che sarebbe voluto andare a costituirsi già la sera dell'11 ottobre ma prima, spiega, "volevo salutare i miei amici e far rassegnare i miei genitori che andavo. Sono stato con i miei amici fino all'una o le due di notte e poi sono tornato a casa". È andato a dormire e al risveglio ha cambiato idea, decidendo di scappare verso la Francia, prima di essere fermato ad Alessandria, dove ha confessato tutto alla Polfer. "Era la prima volta che uscivo con un coltello. Quando ho visto il ragazzo volevo prendergli tutto nel senso soldi, cellulare, cose che potevo rivendere. Anche le cuffie le ho prese per rivenderle, ma non so quanto ci avrei fatto", ha proseguito nella confessione.

"Non mi sono accorto che il coltello fosse sporco di sangue, neanche io addosso. L'ho buttato perché mi è venuto d'istinto", dice ancora. Le cuffie, invece, le ha gettate via il padre, in un cestino distante dalla loro abitazione. "Quella sera è arrivato tardi a casa e siccome lui tante volte ne ha combinate diverse e quella sera mi ha detto 'ho fatto a botte con uno', gli ho chiesto se mi prendesse in giro: ha detto di no", ha spiegato Maurizio Rezza, padre di Daniele, agli inquirenti lo scorso 12 ottobre. "Sono sceso a cercarlo verso le 02.40. [...] È rientrato in casa e lì mi ha detto che aveva litigato con un altro ragazzo, gli detto di smetterla di scherzare. Mi ha detto che forse gli aveva tirato una pugnalata, poi si è messo a ridere", prosegue nel suo racconto. "Non so se era ubriaco o aveva fumato qualcosa. Gli ho detto di smetterla di scherzare ed è andato a letto. Il giorno dopo mi ha chiesto di andare a buttare le cuffie, ma non sapevo cosa avesse fatto", ammette il padre, che riferisce di aver presco coscienza dell'omicidio solo il giorno dopo. "Non sapevo cosa dovevo fare. Vedevo mio figlio nervoso e gli ho chiesto se fosse stato lui e ha detto sì e poi no e non capivo se scherzasse. E la cosa è finita lì", ha aggiunto.

Secondo il gip che ha convalidato l'udienza, le modalità dell'aggressione e lo stile di vita di Rezza "denotano un quadro dimostrativo, allo stato, della insussistente capacità di autocontrollo".

Il giudice definisce "allarmanti" le circostanze con le quali Rezza quella notte ha "aggredito una persona isolata e inerme al fine di sottrarle qualcosa" e subito dopo la sottrazione, "ha inferto una coltellata mortale alla vittima".

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