Non ha saputo resistere alla tentazione di comprare un noto modello di robot da cucina e così ha chiesto un finanziamento. Fin qui, nulla di strano. Se non fosse che ha fornito i dati di un'altra persona per poter ottenere il credito e procedere quindi all'acquisto. Per questo motivo Anna, una 50enne di Macerata Campania, comune in provincia di Caserta, è stata condannata anche in appello a quattro mesi di carcere per sostituzione di persona e al pagamento delle spese.
Il furto d'identità
I fatti risalgono al 2017. Valentina, la persona offesa, si accorge del furto d'indentità per puro caso. Un giorno entra in un centro commerciale per comprare un cellulare e chiede il finanziamento, ma le viene detto che non può farlo perché il suo nome risulta inserito nell'elenco del Crif, la Centrale rischi di intermediazione finanziaria in cui vengono segnalati i cattivi pagatoriri. Una doccia fredda, anzi gelata per la donna. Di lì a poco scopre che una persona a lei totalmente sconosciuta, tale Anna, ha usato le sue generalità per acquistare un robot da cucina del valore di 1300 euro. A quel punto decide di rivolgersi a un legale, l'avvocato Gennaro Demetrio Paipais, e denunciare l'accaduto.
La sentenza: "C'è un danno esistenziale"
Rinviata a giudizio, lo scorso gennaio l'imputata era stata condannata a quattro mesi di reclusione con pena sospesa per sostituzione di persona, al pagamento delle spese processuali e al risarcimento danni in favore della parte offesa. Non soddisfatta, ha fatto ricorso in appello. Ma anche i giudici di secondo grado le hanno dato torto: "Il reato - si legge in un passaggio della sentenza riportata dal Corriere della Sera - non sembra avere arrecato un danno economico alla parte offesa, dal momento che non risulta che abbia pagato la merce recapitata all'imputata. Le ha procurato però un danno esistenziale derivante da tutti i problemi che ha avuto a causa della spendita delle sue generalità per ottenere un finanziamento mai chiesto, che le ha poi precluso la possibilità di ottenerlo quando ne ebbe bisogno".
"Non ha mostrato resipiscienza, comportamento grave"
Nella sentenza i giudici sottolineano come la condotta illecita dell'imputata abbia esposto la vittima al rischio di "possibili richieste economiche indebite, dovendo di conseguenza perdere tempo di vita per rivolgersi a un legale a tutela dei propri interessi".
"Sono questi - concludono - i danni più rilevanti che questa tipologia delittuosa finisce per arrecare alla vittima, rispetto ai quali non risulta che l'imputata abbia fatto nulla per alleviarli: non ha ammesso l'addebito, non ha risarcito il danno, non ha mostrato resipiscenza. Di conseguenza il suo comportamento, in alcun modo giustificato, appare grave e non minimale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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