Invia in ritardo il certificato medico per aiutare la figlia stuprata, l'azienda lo licenzia

A causa dello stupro subìto dalla figlia minorenne, un operaio ha comunicato in ritardo il rinnovo del periodo di malattia del quale beneficiava e l'azienda per cui lavorava lo ha licenziato. Un licenziamento che il giudice ha però reputato legittimo

Invia in ritardo il certificato medico per aiutare la figlia stuprata, l'azienda lo licenzia

Ha inviato in ritardo il rinnovo del certificato di malattia, perchè era impegnato ad assistere la figlia tredicenne vittima di violenza sessuale. Un ritardo che gli è tuttavia costato carissimo, visto che l'azienda per la quale lavorava lo ha licenziato. E come se non bastasse, proprio nelle scorse ore si è visto rigettare il ricorso dal tribunale: la ditta ha agito in maniera legittima e il ricorrente dovrà quindi pagare 2700 euro di spese legali. Protagonista della vicenda è un operaio residente a Lucca, in Toscana, che sta valutando adesso con il proprio legale la possibilità di ricorrere in Appello. Una lunga storia, quella che aveva portato al suo licenziamento, iniziata ben tre anni fa. Nell'estate del 2020 l'uomo si sottopose infatti ad un intervento alla spalla e, di concerto con il medico ed il datore di lavoro, aveva ottenuto un periodo di astensione dal lavoro per malattia dal 21 luglio al 1 ottobre di quell'anno. Una convalescenza che il dottore, a seguito di ulteriori accertamenti medici, aveva deciso di prolungare sino al 2 novembre successivo. E il lavoratore avrebbe quindi dovuto comunicare all'impresa il nuovo rinnovo, entro e non oltre il 30 settembre.

La violenza sessuale subìta dalla figlia

La comunicazione da parte sua non è tuttavia arrivata entro il termine fissato per legge perché l'attenzione dell'uomo nei confronti della propria occupazione era finita temporaneamente in secondo piano a causa di un grave motivo: proprio in quei giorni la figlia, una ragazzina che all'epoca aveva 13 anni, avrebbe infatti subìto uno stupro e il padre l'aveva quindi accompagnata a denunciare l'accaduto. Forze dell’ordine e magistratura avevano presto individuato il presunto responsabile della violenza sessuale e decisero di ascoltare la giovane vittima in sede di incidente probatorio per cristallizzare le prove e le testimonianze. A qualche giorno di distanza dall'accaduto la minore accusò oltretutto un malore, tanto da dover ricorrere alle cure dei sanitari dell’ospedale locale per un breve ricovero.

Il verdetto del giudice

Alla luce degli eventi quindi, sulla base di quanto riportato dal quotidiano La Nazione, l'uomo comunicò il rinnovo della malattia solo il 7 ottobre, inviando contestualmente un messaggio di scuse ad una dirigente della ditta ed informandola della situazione. Scuse che tuttavia non si sono rivelate sufficienti: a causa del mancato rispetto delle tempistiche sopracitate previste dal contratto collettivo nazionale, l'operaio è stato licenziato in tronco. Una decisione contro la quale quest'ultimo aveva deciso di opporsi, chiedendo il reintegro.

L'ultimo capitolo di questa storia risale proprio a qualche ora fa: licenziamento legittimo, in quanto il giudice ha dato ragione all'azienda reputando il comportamento del lavoratore sintomatico di superficialità e disinteresse“. Le motivazioni dell'uomo, “pur umanamente condivisibili - si legge nella sentenza - non possono assurgere a motivo di impedimento".

Commenti
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Avatar di Alpicozie Alpicozie
2 Apr 2023 - 15:59
@Colleoni ma non c’è da stupirsi con i nostri (sic) magistrati
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Avatar di lowland lowland
2 Apr 2023 - 14:06
Formalmente la ditta ha tutte le ragioni del mondo, ma un briciolo di tolleranza e umanità no vero????????
Avatar di Colleoni Colleoni
2 Apr 2023 - 14:10
Dovrebbero insegnare ai magistrati che la legge è fatta per l'uomo, non l'uomo per la legge.
Avatar di Alpicozie Alpicozie
2 Apr 2023 - 15:59
@Colleoni ma non c’è da stupirsi con i nostri (sic) magistrati
Avatar di do-ut-des do-ut-des
2 Apr 2023 - 14:23
Penso che se fosse un buon lavoratore un'azienda dvrebbe pensarci due volte prima di licenziare. Forse il prolunganento dell'assenza ha infastidito il titolare. Vedete, se l'azinda o l'inps potesse pagare solo il 40% per sopravvivere, forse tanti non farebberoil furbetto di stare a casa ma lo farebbero per vera necessità. Poi se può potrebbe anche recuperare le ore.
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