"Frigerio era lucido". Ecco perché non si riapre il processo sulla strage di Erba

Depositate le motivazioni secondo cui i giudici hanno respinto le istanze per la revisione del processo per la strage di Erba

"Frigerio era lucido". Ecco perché non si riapre il processo sulla strage di Erba
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La revisione del processo per la strage di Erba è stata respinta per la “mancanza di novità e della inidoneità a ribaltare il giudizio di penale responsabilità delle prove”. Lo hanno scritto i giudici della corte di appello di Brescia, mettendo di fatto un punto alla vicenda giudiziaria. Vicenda giudiziaria che aveva visto la condanna all’ergastolo per Olindo Romano e Rosa Bazzi, ritenuti rei in tre gradi di giudizio per l’omicidio della vicina Raffaella Castagna, del figlio e della madre di quest’ultima, Youssef Marzouz e Paola Galli, oltre che della vicina Valeria Cherubini.

Quell’11 dicembre 2006, ferito e intossicato dalle fiamme che erano seguite alla strage, era sopravvissuto solo il marito di Cherubini, Mario Frigerio, che è stato e resta con la sua testimonianza uno dei pilastri della condanna. Frigerio avrebbe fatto il nome di Olindo in ospedale - al carabiniere Gallorini - ma poi anche successivamente in aula: “Il dato dirimente con cui la difesa non si confronta è che la prova che ha concorso a formare il giudicato di condanna non è costituita dalla deposizione o dall’annotazione di Gallorini ma dalla testimonianza resa in dibattimento da Frigerio. […] Il tema sulla capacità a testimoniare di Frigerio è stato ampiamente sviscerato nei precedenti di gradi di giudizio”. Niente amnesia retrograda per Frigerio quindi, almeno secondo quanto si legge da questa nuova documentazione dei giudici.

Sono ben 90 le pagine in cui i giudici hanno espresso queste motivazioni, e in esse viene definita “fantasiosa” l’ipotesi di un “accanimento degli inquirenti nei confronti di Romano e Bazzi, già escluso con dovizia di argomenti dalle sentenze di merito e smentito dalla pluralità delle piste seguite nell'immediatezza dell’eccidio”. Ma sotto la lente delle toghe non c’era solo l’istanza della difesa dei coniugi Romano, portata avanti dal legale Fabio Schembri e dai colleghi, ma anche quella dell’ex pg di Milano Cuno Tarfusser.

Quest’ultima, “prima ancora che carente sotto il profilo della novità della prova” è stata giudicata “inammissibile per difetto di legittimazione del proponente”, poiché “la richiesta di revisione è stata formulata da un sostituto procuratore generale della Corte d’appello di Milano privo di delega relativamente alla materia delle revisioni, riservata […] all’avvocato generale, e non assegnatario del fascicolo ed è stata depositata nella

cancelleria del procuratore generale di Milano, che l’ha trasmessa alla Corte, evidenziando la carenza di legittimazione del proponente, disconoscendone il contenuto e chiedendo che fosse dichiarata inammissibile".

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