È stato confermato l'ergastolo confermato per il boss mafioso Matteo Messina Denaro, accusato di essere stato uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via D'Amelio. La Corte d'Assise d'appello di Caltanissetta gli ha inflitto la stessa condanna che era stato stabilito nella sentenza di primo grado, accogliendo a richiesta della Procura generale nissena, che in aula era rappresentata dal Procuratore generale Antonino patti e dai sostituti Fabiola Furnari e Gaetano Bono. Il capomafia ha rinunciato a collegarsi per ascoltare la sentenza.
La richiesta dei pm
Nel corso della requisitoria, il Pg Patti aveva affermato: "L'accusa che si muove a Matteo Messina Denaro è di avere deliberato, insieme ad altri mafiosi regionali, che rivestivano uguale carica, le stragi. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore". La sua legale invece, l'avvocata Adriana Vella, al termine dell'ultima udienza aveva chiesto l'assoluzione per Messina Denaro perché il boss, secondo lei, "non era ai vertici di Cosa nostra" del trapanese, quando fu deliberata la stagione stragista del 1992 e, quindi, "non ha partecipato alle riunioni deliberative delle stragi". Insomma, "non c'è prova" che il capomafia di Castelvetrano abbia dato "la sua adesione al piano stragista" o che abbia "avuto alcun ruolo nelle stragi, non ha messo a disposizione auto, armi o esplosivo".
Messina Denaro catturato durante il governo Meloni
La sentenza arriva in una giornata particolarmente simbolica per la lotta alla mafia: proprio oggi, infatti, si ricordano i trentuno anni dalla strage di via D'Amelio in cui sono rimasti uccisi Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima agente donna a restare uccisa in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. Nella cerimonia istituzionale che si è tenuta questa mattina a Palermo era presente anche il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la quale è stata anche "costretta" a replicare a tutte le polemiche e le accuse che erano scaturite dopo l'annuncio della sua mancata partecipazione questa sera alla tradizione fiaccolata per ricordare il magistrato ucciso il 19 luglio 1992.
Intanto, però, al netto di tutte le polemiche politiche (e non solo), dopo più di trent'anni di latitanza, Matteo Messina Denaro è stato catturato lo scorso 16 gennaio proprio sotto il governo Meloni. Segnale evidente di come questo esecutivo da quando è entrato in carica appena nove mesi scarsi fa stia affrontando il cancro mafioso in maniera efficacie. Senza dimenticare la conferma del regime del 41bis e il provvedimento che scongiuri il rischio che gravi reati rimangano impuniti per effetto di una recente sentenza della Corte di Cassazione.
E senza nemmeno dimenticare come, anche durante i governi Berlusconi, siano state messe in atto le catture di almeno una trentina di pericolosi latitanti mafiosi e la confisca di 25 miliardi di patrimonio delle famiglie mafiose. Alla faccia dei bulli dell'anti mafia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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