“Non sei mai stata una vera madre, mi hai sempre criticata e giudicata”. Sono parole piene di livore quelle contenute in una lettera, una delle tante di questi mesi, inviata da Alessia Pifferi. Il destinatario della missiva, in possesso del Giornale.it, è Maria Assandri: madre della 37enne e nonna della piccola Diana, morta l'estate scorsa a soli 18 mesi dopo essere stata abbandonata per una settimana in un appartamento a Ponte Lambro, a Milano. Assandri, che vive a Crotone insieme al compagno, riceve la missiva da parte della figlia ad aprile scorso. Sul retro della busta c'è l'indirizzo di piazza Filangieri a Milano: cioè la casa circondariale di San Vittore dove è reclusa da luglio scorso dopo l'accusa di omicidio della bambina.
Nella lettera scritta a mano con la penna nera ci sono solo accuse. “Non mi hai mai voluto bene, mi hai abbandonata”, scrive ancora Alessia Pifferi a sua madre. In tutto il testo non c'è una parola di scuse, né di pentimento. A irritarla, facendole decidere di prendere carta e penna, è la costituzione di parte civile da parte della madre e della sorella Viviana Pifferi, nel processo davanti alla corte d'Assise in cui è imputata per l'omicidio della figlia. Entrambe le sue familiari sono assistite dall'avvocato Emanuele De Mitri. “Vergognati”, scrive dalla cella Alessia Pifferi.
Dopo l'udienza che si è tenuta oggi davanti alla corte d'Assise di Milano, la sorella Viviana ha detto ai giornalisti che non risponderà mai alle lettere di Alessia. “Non ha mai chiesto scusa, nemmeno nelle lettere che ha inviato a me e a mia madre, e non le risponderò mai fino a che non chiederà almeno scusa, io sono contro mia sorella ed è la parte giusta, perché quella che è morta è mia nipote". Come la prima udienza, la donna ha scelto di indossare una maglietta con la foto della nipote. Per la donna è stata corretta la decisione della corte di assise di non concedere la perizia sulla capacità di Alessia di sostenere nel processo: "Per una settimana l'ha abbandonata, non può essere un raptus di dieci minuti", ha detto.
Anche Alessia Pifferi era presente al processo. Capelli raccolti in uno chignon, giacca nera e rossetto rosso, è stata tutto il tempo di fianco al suo legale, Alessia Pontenani, che aveva chiesto la perizia psichiatrica per la sua assistita parlando di un “deficit cognitivo” comprovato, a suo dire, da alcune relazioni redatte in carcere dagli psicologi. La procura si è opposta fermamente e la corte d'Assise, con il presidente Ilio Mannucci Pacini, ha dato ragione a quest'ultima. "L'unico elemento che può giustificare una perizia psichiatrica sulla capacità di stare in giudizio dell'imputata - ha sottolineato il presidente nel rigettare la richiesta dell'avvocato -è un possibile deficit cognitivo, che però anche se fosse acclarato potrebbe costituire un elemento atto a escludere la capacità di stare al processo. L'assistita è lucida e perfettamente in grado di stare al processo".
Il difensore ha spiegato che riproporrà la richiesta di perizia, questa volta per stabilire la capacità di intendere e di volere al momento del fatto, al termine dell'istruttoria dibattimentale, cioè poco prima delle conclusioni delle parti e della sentenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.