Gli Atacams arriveranno a Kiev: Biden ci ripensa e accontenta Zelensky

Il Presidente Biden, secondo le indiscrezioni, potrebbe aver ceduto sulla dotazione di Atacms alle forze ucraine. Una richiesta che Zelensky reitera da più di anno.

Gli Atacams arriveranno a Kiev: Biden ci ripensa e accontenta Zelensky
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Dopo la visita senda lode e senza infamia del presidente ucraino Volodymyr Zelensky negli Stati Uniti, accolto senza tutti gli onori che si attendeva, la Casa Bianca dà segni di cedimento sui tanto vituperati missili Atacms. Saranno armati con bombe a grappolo anzichè con una singola testata, secondo le notizie in possesso del Washington Post.

Perchè Kiev ha bisogno degli Atacms

Missili Atacms

Tra rigide esigenze di spending review strillate dal Gop e incertezza sul futuro del riarmo ucraino, Washington ha avuto fin qui un atteggiamento abbastanza ondivago su questo tipo di fornitura, che darebbe a Kiev la capacità di colpire obiettivi da circa 180 miglia, colpendo linee di rifornimento, ferrovie e posizioni di comando e controllo dietro le linee del fronte russo. Una buona parte di questa frenata è stata imputata, già lo scorso anno, dal consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan, nel timore che Kiev avrebbe potuto utilizzare quest'arma per colpire il territorio russo. Un anno dopo, anche senza Atacms, le ripetute incursioni ucraine sul suolo russo, come i fatti di Belgorod o l'assedio di droni in quel di Mosca, non hanno impedito alle forze ucraine, regolari e non, di sfondare il confine. Operazioni di portata ridotta che, tuttavia, potrebbero diventare imponenti se l'esercito di Kiev entrasse in possesso di armi che raggiungono i 300 km di gittata. Secondo gli esperti Usa, infatti, il rischio sarebbe quello di produrre un'ulteriore escalation.

La lunga discussione estiva sugli Atacms

Cosa sarebbe cambiato? Il livello della discussione. Il dibattito tra agenzie competenti in materia di riarmo, nelle ultime ore, sarebbe stato spostata dal rango del "comitato dei supplenti", che riunisce i n.2 di ogni agenzia, a quello dei senior, ovvero il "comitato dei principali". Un processo che culmina solo con il pronunciamento del presidente degli Stati Uniti. Per tutta l'estate Washington ha oscillato da un no fermo, legato appunto al timore di un allargamento del conflitto, ad una situazione di discussione ancora in ballo.

Alle perplessità delle agenzie hanno contribuito anche i vertici del Pentagono adducendo motivazioni legate alle scorte: un rifornimento massiccio di Kiev potrebbe esporre gli Stati Uniti ad una carenza di missili, utili in altri scenari, che inficerebbe la prontezza di risposta degli Stati Uniti. A questo rispondono gli esperti, affermando che la richiesta potrebbe essere evasa senza problemi di sorta: nonostante Kiev chieda centinaia di questi esemplari, gli Atacms armati con bombe a grappolo sono in sovrannumero rispetto a quelli monotestata, e dunque non sarebbero più considerati armamento di prima linea per gli Stati Uniti. Da una produzione originale stimata di 2500 esemplari, alcuni dei quali risalenti agli anni Novanta, un numero imprecisato sarebbe stato riadattato con monotestate, secondo quanto riportato in una pubblicazione del Dipartimento della Difesa del 2018, ma nelle scorte resterebbero comunque numerose varianti con bombe a grappolo.

Perchè il dietrofront sugli Atacms

Ora, un nuovo dietrofront che confonde gli equilibri in campo, proprio nel momento in cui nazioni come la Polonia annunciano il loro stop ai rifornimenti all'Ucraina. Il presidente Usa Joe Biden avrebbe promesso al suo omologo ucraino che gli Stati Uniti forniranno un piccolo numero di missili a lungo raggio per aiutare la guerra con la Russia: a riportarlo per prima era stata la Nbc News attraverso le parole di tre funzionari statunitensi e di un impiegato d'alto grado del Congresso che ha familiarità con le discussioni in corso. I funzionari, che non erano autorizzati a parlare pubblicamente, non hanno fatto trapelare nulla sulla data di consegna dei missili o di un eventuale annuncio pubblico. A rendere la vicenda più torbida, poche ore prima dell'indiscrezione, la reazione di Zelensky, lasciatosi andare su un media ucraino a un "sarà come con gli F-16".

La notizia arriva mentre il presidente ucraino, reduce dall'assemblea generale dell'Onu e dalla visita a Washington, ha proseguito in Canada il suo tour, raccogliendo la solidarietà di Justin Trudeau, che gli ha ribadito un sostegno "incrollabile" finché servirà, e della governatrice generale del Canada Mary Simon. E con lo stesso Trudeau, Zelensky lavora già per la ricostruzione: è volato a Toronto per un incontro con gli imprenditori canadesi "per rafforzare gli investimenti del settore privato nel futuro dell'Ucraina".

Una differenza abissale con il clima respirato a Washington, invece, dove lo speaker repubblicano della Camera Usa Kevin McCarthy gli ha negato Capitol Hill, bloccato dai deputati conservatori che invocano lo "stop agli assegni in bianco", tra cui i 24 miliardi chiesti da Joe Biden che, nel frattempo, ha confermato a Kiev un nuovo pacchetto di aiuti da 325 milioni.

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