
Avete presente il “butterfly effect”? Una metafora di Konrad Lorenz che suonava più o meno così: «Può un battito d’ali di una farfalla in Brasile causare un tornado in Texas?». I social non è che brillino per intelligenza, anche perché probabilmente non sarebbero social, e non esisterebbero gli influencer, nome che è già un programma: influenzare altri leggermente meno stupidi di te. Ma tra le azioni che battono tutti per stupidità sono le challenges.
L’ultima: Davis Nones Moreira un quattordicenne brasiliano, a Planalto, nello stato di Bahia, è morto dopo essersi iniettato il liquido di una farfalla schiacciata, e gli inquirenti credono che stesse facendo una challenge. Sotto il cuscino del letto i genitori hanno trovato una siringa. Il vero butterfly effect è questo: uno inventa un gesto demente in Australia, e l’altro lo rifà in Brasile.
Ora, io sono refrattario ai sociologismi, a condannare i social, o a fare dell’allarmismo come il caso di Blue Whale, dove le stesse iene de Le iene furono costrette a ammettere si trattasse di un falso. Dietro questi casi ci sono amici imbecilli, famiglie distratte, contesti sociali più o meno difficili, oppure a volte niente, solo l’idiozia dell’imitazione di qualcosa che si prende come sfida per sentirsi più fighi, ignorando i rischi. Magari per avere più follower, la vera epidemia di questo tempo. Immaginate se la stessa sfida fosse accaduta tra ragazzi di un secolo o due secoli fa o prima, per provare chi aveva il coraggio di fare una cosa senza senso, per dimostrarsi coraggioso, nessuno ne avrebbe mai parlato, nessuno l’avrebbe mai saputo.
Non è neppure un fenomeno adolescenziale. Su Instagram ci sono adulti che si fanno selfie sul ciglio di strapiombi, quelli che con le GoPro saltano da un palazzo all’altro o vanno in bicicletta su travi di grattacieli a duecento metri da terra. I “selficidi” fanno centinaia di morti all’anno. Per carità, il selficida non fa male a nessuno, ma se qualcosa va male neppure ci si sente male per loro, anche perché non li conosciamo, e in genere, diciamo la verità, ci si ride sopra.
Poi ci sono le challenge dannose per gli altri, come la “knockout game”, dare un pugno a qualcuno, tipo un passante, e poi postarlo sui social. È successo poco più di una settimana fa anche al figlio di Marina La Rosa.
Ecco, quelli appena mettono il proprio video sui social andrebbero messi dentro subito, e anche coloro che hanno inventato la challenge. Ok non avere un cervello, ma le challenge fattele a casa tua, oppure in cella, vediamo se ti diverti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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