Da una parte c'è Lampedusa, dall'altra c'è Agadez: per anni, tra gli osservatori del fenomeno migratorio, le rotte dirette verso l'Italia sono state descritte fissando sulla cartina questi due precisi punti. Mentre l'isola delle Pelagie è stata considerata punto di arrivo, la città del Niger invece è stata vista come vera e propria base delle partenze verso la Libia e quindi verso il Mediterraneo.
Basta questo per comprendere come l'eventuale destabilizzazione del Niger, Paese che ha subito nelle scorse ore un colpo di Stato dagli esiti ancora imprevedibili, possa avere effetti sull'immigrazione. Oggi per la verità da Agadez si parte di meno, grazie a una serie di contingenze interne ed esterne alle dinamiche nigerine. Ma è comunque un punto di riferimento importante per i migranti e per i trafficanti: al di là del suo perimetro urbano, c'è infatti il Sahara con le piste tra le dune solcate dalle carovane che provano a raggiungere la confinante Libia. Una destabilizzazione in Niger potrebbe causare un immediato aumento dei flussi diretti lungo le coste del Mediterraneo.
L'importanza del Niger e di Agadez nei flussi migratori
Appena pochi giorni fa il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, aveva annunciato lo stanziamento di sedici milioni di Euro per progetti volti a lottare contro i trafficanti tra Libia e Niger. Un ulteriore segnale dell'importanza del Paese africano nel contrasto alle organizzazioni criminali che sfruttano le rotte migratorie.Negli anni pre Covid circa il 90% dei migranti salpati dalla Libia alla volte dell'Italia sono transitati dal territorio nigerino. Spiegare il perché di una percentuale così alta è possibile guardando una cartina: il Niger ha diversi chilometri di confine con la Libia e per di più in pieno deserto. Si tratta quindi di una linea non controllabile facilmente e in cui possono avere gioco facile i carovanieri e i trafficanti di esseri umani. Nel 2009, dopo la stipula del trattato di amicizia tra Libia e Italia, il rais Muammar Gheddafi aveva pensato a un progetto (ovviamente da finanziare con soldi italiani) volto a controllare con nuovi dispositivi elettronici i vari chilometri di frontiera. Poi la caduta del suo regime ha annullato ogni progetto del genere.
La questione però non è solo geografica, bensì anche politica. Il Niger fa parte dell'Ecowas (o Cedeao, a seconda se si considera l'acronimo in inglese o in francese), l'organizzione cioè degli Stati dell'Africa occidentale. Tra i Paesi aderenti non ci sono controlli doganali ed è garantita la libertà di circolazione. Dunque, i migranti che vogliono raggiungere l'Europa dal Ghana, dalla Nigeria, dalla Costa d'Avorio o da altre nazioni vicine, iniziano il loro viaggio spostandosi senza grosse difficoltà a Niamey, capitale del Niger.
Da qui poi il viaggio prosegue, sfruttando normali collegamenti di linea, fino ad Agadez. Al di là di questa città riferimento dei tuareg nigerini, iniziano le piste nel deserto. Ed è qui che entrano particolarmente in gioco le organizzazioni criminali. I trafficanti sfruttano i carovanieri, un tempo impegnati nel far viaggiare turisti poi spariti dopo il dilagare del terrorismo nel Sahel, per far arrivare i migranti al confine libico. Ecco perché quindi Agadez è la Lampedusa del Sahara, il punto di partenza di un viaggio che può durare mesi e che mette migliaia di migranti tra le grinfie delle organizzazioni criminali operanti in Libia.
Cosa potrebbe accadere adesso
Nel 2019 l'attacco di Khalifa Haftar contro Tripoli ha parzialmente interrotto il flusso tra Niger e Libia. Molti migranti hanno preferito percorrere in senso inverso il deserto, preoccupati di essere inghiottiti negli scontri tra le varie fazioni libiche. Anche il Covid ha contribuito a ridimensionare la portata dei corridoi lungo il Sahara nigerino. L'apertura di altre rotte, come quella della Cirenaica, e l'esplosione della rotta tunisina hanno favorito altri percorsi.
Agadez però è rimasta come riferimento. "Qui in tanti vivono come in un limbo - ha dichiarato su IlGiornale.it un membro di un'organizzazione umanitaria presente in città - in migliaia aspettano di capire cosa fare, se tornare indietro oppure provare ad andare". Le autorità locali da anni poi provano a controllare meglio il territorio, seppur con alterne fortune. La città nigerina vive quindi con la presenza di molti migranti sub sahariani, alcuni integrati nel tessuto locale e altri invece in cerca di novità per comprendere il proprio destino.
Se il Niger dovesse destabilizzarsi, molti potrebbero provare a riprendere la via del deserto.
Con le organizzazioni criminali pronte a riprendere ovviamente il loro macabro business. Meno controlli e più caos farebbero la fortuna dei trafficanti. Il rischio concreto è quindi quello di un importante aumento della pressione sulla Libia e, di riflesso, sull'Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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