L'Italia è nella lista dei Paesi ritenuti fomentatori delle proteste scatenatesi in Iran dopo la morte della giovane Mahsa Amini, avvenuta il 16 settembre 2022, come presumibile conseguenza di maltrattamenti subiti dalla polizia della morale per la violazione delle regole sull'abbigliamento del Paese. È questa l'ultima accusa rivolta a Roma da un ufficiale dell'intelligence di Teheran, secondo cui Roma rientrerebbe tra i circa 20 governi stranieri, considerati più o meno direttamente coinvolti nello scoppio delle suddette proteste a livello nazionale. Ricordiamo che le successive rivolte di piazza, sviluppatesi per mesi, hanno portato all'uccisione o all'arresto di migliaia di persone in tutto l'Iran.
L'accusa dell'intelligence iraniana
"Le indagini svolte dai servizi di intelligence del Corpo delle guardie della rivoluzione", ha detto il capo dell'istituzione, generale Mohammad Kazemi, "indicano che una ventina di Paesi sono stati implicati nelle rivolte". Nell'elenco troviamo Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Canada, Belgio, Italia e Israele oltre a Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita (con cui l'Iran, tra l'altro, ha di recente riallacciato le relazioni diplomatiche dopo una rottura durata sette anni).
Secondo Kazemi, inoltre, le agenzie di intelligence di Emirati e Israele hanno tenuto "periodici incontri in un Paese arabo per sostenere le sommosse" in Iran, mentre i diplomatici francesi presenti a Teheran avrebbero "raccolto informazioni sul campo riguardo alle rivolte e alle forze di sicurezza" iraniane. Molti dei Paesi citati hanno espresso pubblicamente il loro sostegno alle proteste e imposto sanzioni contro il Paese e le sue forze di sicurezza per aver represso i manifestanti.
Cosa succede in Iran
Come ha sottolineato il sito The Conversation, il governo starebbe continuando la sua repressione contro le forze interne destabilizzatrici, impiegando una politica volta a mantenere uno status quo considerato da alcuni esperti sempre più traballante.
Secondo quanto riferito, quasi 30.000 persone sono state detenute per proteste, attività politiche o per aver espresso opinioni nei 12 mesi fino alla fine di marzo. Il capo della magistratura iraniana ha annunciato il 13 marzo che 22.000 detenuti erano stati “graziati” e rilasciati nei sei mesi precedenti. Ma non ha commentato la sorte di almeno 7.000 prigionieri che sono rimasti in alcune delle prigioni più famose del Medio Oriente. Numeri non confermabili ma specchio del delicato clima che si respirerebbe nel Paese.
Nuove sanzioni contro Teheran
Allo stesso tempo, il governo canadese ha imposto un pacchetto di sanzioni a sette giudici iraniani, accusandoli di "violazione dei diritti umani". Come dichiarato dal ministro degli Esteri canadese, Mélanie Joly, si tratta del dodicesimo pacchetto di sanzioni contro l'Iran a partire dall'ottobre del 2022, con il quale Ottawa cerca di "essere all'altezza delle misure introdotte da altri paesi dell'Unione Europea, dal Regno Unito o dagli Stati Uniti".
"Queste sanzioni hanno l'obiettivo di colpire sette individui coinvolti in sistematiche violazioni dei diritti umani, nel quadro del sistema giudiziario penale iraniano", ha sottolineato il governo canadese, aggiungendo che i tribunali iraniani, legati alla Guardia Rivoluzionaria Iraniana e all'intelligence del Paese, "impongono pene di morte e dure condanne dopo processi falsi basati su prove estorte con la tortura".
"Le misure imposte oggi vietano le interazioni con questi individui e congelano tutti i loro beni sul territorio canadese", hanno ribadito le autorità canadesi, evidenziando che nessuno di loro potrà entrare in Canada ed esprimendo la "totale opposizione all'uso della pena di morte in tutti i casi e in qualsiasi parte del mondo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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