L’America cambia volto e lo fa rapidamente. La sua demografia in cammino ha già segnato la data sul calendario: nel 2045 gli americani bianchi non ispanici saranno meno della metà dell’intera popolazione statunitense. Il sentore era arrivato nel 2021 con la pubblicazione dei primi dati del censimento 2020. Ma nelle ultime settimane il Census Bureau ha rilasciato un nuovo set di dati più completi in tema di età e razza. E così si scopre che la Generazione Z sarà l’ultima a maggioranza bianca e la cosiddetta maggioranza della minoranza arriverà con la Gen Alpha, i nati dopo il 2010.
Il tema della fine dell’America bianca non inizia oggi, si sussegue da diversi anni, da quando le cosiddette minoranze, ispanici, asiatici, afroamericani, hanno mostrato tassi di natalità maggiori dei bianchi. Eppure l’avvicinarsi di questo passaggio storico diventa sempre più fonte di dubbi e tensioni. La questione razziale negli Stati Uniti rappresenta una lente attraverso la quale leggere molte delle contraddizioni del Paese.
I numeri del cambiamento
Dowell Myers, docente di demografia della University of Southern California, ha raccontato al sito The Hill che “la razza è la variabile più complessa del censimento, quella che attira le persone come le falene sono attirate dal fuoco”. Recentemente William Frey, analista del think tank Brookings Institution ha lavorato sui dati del censimento ed elaborato proiezioni più specifiche.
Oggi i bianchi non ispainici sono circa il 77% della popolazione sopra i 75 anni, il 67% nella fascia 55-64, il 55% in quella 35-44 e circa la metà in quella 18-24. Questo vuol dire, scrive Frey, che i bimbi americani bianchi sono solo il 47%. Il cambiamento quindi è già in atto. La conclusione è semplice: in brevissimo tempo un’ondata di diversità colpirà l’America creando un Paese senza che un singolo gruppo razziale possa reclamare la maggioranza numerica. Entro il 2050, quindi tra poco meno di 30 anni, i bianchi non ispanici rappresenteranno meno del 40% della popolazione sotto i 18 anni.
Le identità fluide
Le ragioni di questo scivolamento, dicono molti sociologi, hanno a che fare con diversi aspetti. Uno dei fenomeni più recenti è quello delle cosiddette “identità fluide”. Per capire di cosa stiamo parlando partiamo ancora da un numero. Sempre nel 2045 circa 18 milioni di americani si dichiareranno appartenenti a due o più gruppi razziali. Se si sottrae questo numero dal totale i bianchi tornano sopra la soglia del 50% e tornano in maggioranza.
Secondo diversi sociologi il cambio di passo verso una società multirazziale e soprattutto razzialmente fluida sarà inevitabile, perché le categorie stesse saranno sempre meno ingabbiate. Negli anni ‘80 i bianchi rappresentavano l’80% della società americana e le altre minoranze, ispaniche, afroamericani e asiatiche si contendevano il 20%. Oggi, dicono gli esperti queste gabbie sono cadute. E infatti i gruppi multirazziali sono quelli con la crescita maggiore negli Usa e che dovrebbe raddoppiare tra il 2020 e 2050.
Ma cosa si intende esattamente con "identità fluide”? Questo concetto è il punto di incontro tra vecchia e nuova America. Tra il vecchio sistema di classificazione dei gruppi razziali e le nuove sensibilità che i cittadini stanno dimostrando. Il primo lato di questa medaglia ha a che fare con il retaggio schiavista della “one-drop” rule, una pratica razzista usata fin dal 1600 secondo la quale gli americani di razza mista venivano classificati come minoranza. Una pratica in voga soprattutto rispetto agli afroamericani: bastava che un antenato fosse nero perché i discendenti venissero classificati come minoranza. Basti pensare a come nel 2008 Barack Obama venne etichettato come il primo presidente afroamericano.
Il sociologo dell’università di Princeton Richard Alba ha spiegato questa pratica con un esempio: “Se prendiamo un americano con tre nonni bianchi e un nonno non bianco normalmente lo si dovrebbe considerare come bianco, ma in realtà la tradizione americana lo indica come appartenente a una minoranza”. In questo scenario anche le sotto classificazioni creano ulteriore confusione. Ad esempio le persone originarie del Medio Oriente vengono considerate bianche, mentre afghani o pakistani finiscono sotto l’etichetta di asiatici.
L’America multirazziale
Il secondo lato di questa ascesa delle identità fluide riguarda la nuova percezione che ogni americano ha di se stesso. Sempre più cittadini quando compilano il censimento dichiarano di essere multirazziali. È così, ad esempio, che la popolazione dei nativi americani è quasi raddoppiata in un decennio. Nel 2010 i nativi erano circa 5,2 milioni, ma nel 2020 quella cifra è salita a 9,7. Tra i fattori dietro a questo boom la volontà di molti americani di voler recuperare un proprio passato anche se non hanno mai fatto parte di una tribù.
Il censimento del 2020 ha fotografato che in tutte le contee degli Stati Uniti (ad eccezione di una in Alaska), la percentuale di americani che si sentono multirazziali è cresciuta. La svolta in questa nuova percezione è arrivata nel 2000, il primo anno in cui il censimento ha consentito agli intervistati di scegliere più di una razza di appartenenza. Tutto questo nei fatti ha indebolito la segregazione. Oggi moltissimi americani vivono in un quartiere dove un residente su tre si identifica con una razza diversa da quella bianca.
L’età dell’America
C’è però un altro punto che i nuovi dati del censimento mettono in luce: le nuove età e la disparità tra gruppi razziali. L’età media del paese è di 38,9 anni (bassa se confrontata con quella dell’Italia di 48 anni), ma altissima se comparata con la storia americana dato che è la più alta mai registrata. Ma questo invecchiamento non è neutrale. Gli americani bianchi sono quelli che contribuiscono di più all’invecchiamento rispetto ad altri gruppi.
E così si allarga la spaccatura tra le generazioni. Quella anziana più bianca e omogenea rispetto a giovani generazioni che mostrano una diversità razziale superiore. Chiaramente, ha notato Fray nella sua analisi, non è un discorso uniforme in tutta l’Unione, ogni contea o Stato ha le sue peculiarità.
L’invecchiamento ha coinvolto maggiormente Stati come Alaska, Colorado e Nevada, ma anche le aree urbane di Austin e Houston in Texas, Raleigh in Nord Carolina, Atlanta in Georgia e Jacksonville in Florida. Al contrario ci sono realtà che hanno visto un aumento della popolazione giovanile sotto i 18 anni, come il Nord Dakota, lo Utah e l’Idaho.
Tutti questi dati mostrano anche che esistono realtà con un forte gap razziale tra fasce di età. È il caso dell’Arizona ad esempio dove la differenza tra la quota di popolazione bianca anziana e la quota di giovani bianchi supera il 40%. Gli altri Stati con questa forbice sono Nevada, New Mexico, Florida, California, e Texas.
Questi squilibri e soprattutto questo rimescolamento non sono e non saranno indolori. L’America è sempre stato un Paese dove ciclicamente le tensioni razziali sono esplose con violenza. Solo il ‘900 ha visto esplosioni di rabbia in modo frequente. L’ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2016 è stato in parte anche dettato dalle profonde mutazioni che la società americana ha attraversato. Mutamenti repentini che hanno risvegliato il mai sopito spirito nativista di una fetta di America bianca.
I fatti di Charlottesville del 2017, animati dallo slogan suprematista “Non
ci rimpiazzeranno”, sono stati il sintomo di una sofferenza di una parte degli Stati Uniti che non sopporta di scivolare verso la minoranza relativa. Il sintomo di tensioni che nei prossimi anni potrebbero ripresentarsi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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