"Inviterò Netanyahu in Ungheria": Orban sfida la Corte dell'Aia

La Corte ha emesso ieri un mandato di arresto per il premier israeliano e Yoav Gallant: il premier ungherese non ci sta e si dichiara pronto ad accogliere il primo ministro israeliano

"Inviterò Netanyahu in Ungheria": Orban sfida la Corte dell'Aia
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Budapest contesta la scelta della Corte Penale Internazionale e sceglie di invitare presto Benjamin Netanyahu in Ungheria. "Non abbiamo altra scelta che sfidare questa decisione": così il premier ungherese Viktor Orbán, da luglio presidente di turno del Consiglio dell'Unione Europea, sceglie di rispondere ai mandati d'arresto emessi nei confronti di Netanyahu e Yoav Gallant. "Inviterò il premier israeliano a venire in Ungheria, dove posso garantirgli che la decisione della Cpi non avrà alcun effetto", ha affermato Orban ai microfoni della radio ungherese.

La scelta di Orbán

Parlando in un'intervista in diretta con Kossuth Radio, il primo ministro ungherese ha definito "sbagliato" il mandato di arresto della Cpi e ha osservato che avrebbe garantito che Netanyahu possa arrivare "in adeguata sicurezza" in Ungheria. "Ciò comporta la completa invalidazione del diritto internazionale e aggiunge benzina sul fuoco. Pertanto, non c'è altra scelta che opporsi a questa decisione, quindi anche oggi inviterò Benjamin Netanyahu, il che non avrà conseguenze per lui, ci opporremo al mandato di arresto se accetterà l'invito", ha affermato Orbán.

L'Ungheria è parte dello Statuto di Roma, tuttavia negli ultimi tempi Budapest ha scelto una linea singolare in fatto di rapporti internazionali. La questione si era già posta a proposito del mandato di cattura per Vladimir Putin: anche in quell'occasione, Orbán ribadì che, sebbene Budapest abbia aderito alla Corte penale internazionale, il trattato non è stato ancora promulgato poiché "contrario alla Costituzione ungherese". Il mandato di arresto nei confronti del presidente russo venne, inoltre, bollato come "infelice" perché ostacolava ulteriormente la fine della guerra. A questo proposito un portavoce della Cpi interpellato rispose al governo ungherese sottolineando come l'Ungheria abbia ratificato il trattato nel 2001, il che fa sussistere l'obbligo di cooperare con la Corte nel quadro dello Statuto.

La reazione europea

Nonostante la resistenza dell'Ungheria, ieri il capo della politica estera dell'UE, Josep Borrell, ha affermato che la decisione della Corte dovrebbe essere "rispettata e attuata" dagli Stati membri. Italia, Irlanda, Svezia, Paesi Bassi e Francia hanno fatto sapere che rispetteranno la decisione della corte e che potenzialmente arresteranno Netanyahu se si recasse in uno dei loro Paesi. Il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha dichiarato giovedì che, sebbene sia "sbagliato" paragonare Netanyahu e Gallant ad Hamas, se i due dovessero entrare in Italia "dovremmo arrestarli". Il Ministero degli Affari Esteri francese ha rifiutato di dichiarare cosa farebbe Parigi, ma ha affermato che agirà "in linea con gli statuti della CPI".

Budapest valuta il ritiro dalla Cpi

Una scelta che ora balcanizza ulteriormente l'Unione Europea e che è strettamente connessa ai due conflitti principali in corso: Medio Oriente e Ucraina. Il governo Orbán sta da tempo valutando la possibilità di ritirarsi dalla Corte e questa estate, il primo ministro ha incaricato tre ministeri di "indagare su quali conseguenze potrebbero verificarsi in caso di ritiro dell'Ungheria dallo status di parte" della Cpi.

Nel rapporto si legge che il premier ungherese aveva chiesto di preparare una valutazione delle possibili conseguenze durante una riunione del Consiglio dei ministri tenutasi due giorni dopo che la Cpi, il 20 maggio scorso, aveva chiesto l'emissione di mandati di arresto per il primo ministro israeliano e Gallant. Il rapporto aveva sottolineato che, qualora l'Ungheria decidesse di ritirarsi dalla Corte, sarebbe l'unico paese dell'Unione Europea a non esserne parte, con tutte le conseguenze politiche del caso.

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