"Le iraniane umiliate, gli uomini sono con noi. Questo regime cadrà"

La premio Nobel: «Il movimento ha un obiettivo: abbattere la Repubblica islamica»

"Le iraniane umiliate, gli uomini sono con noi. Questo regime cadrà"

Shirin Ebadi è stata la prima donna musulmana a ricevere il Premio Nobel per la Pace. È un esempio di coraggio per tutte le persone del mondo, di qualsiasi età, credo, genere. Il suo impegno da avvocato per i diritti umani, in difesa soprattutto delle donne e dei bambini dal brutale regime iraniano, è un punto di riferimento per chiunque, e insegna il coraggio di lottare per le proprie convinzioni fino in fondo. La sua storia coinvolgente e indimenticabile è ben raccontata nel suo libro Finché non saremo liberi. Iran. La mia lotta per i diritti umani (Bompiani). Ebadi è una donna che si è ribellata al potere dispotico degli ayatollah e chi meglio di lei capisce le ragioni, i desideri, i sogni dei suoi connazionali in questi giorni in Iran.

Quando ha deciso di iniziare la sua lotta per i diritti umani? E perché?
«Da quando ero una studentessa ho conosciuto pian piano il significato dei diritti umani e volevo studiare questa materia.
Dopo la rivoluzione del 1979 quando sono state varate le leggi discriminatorie contro le donne e la violazione dei diritti umani è stata molto più estesa mi sono focalizzata sui diritti umani».

Perché le ragazze iraniane hanno deciso di mettere in gioco anche le loro vite per la libertà?
«La situazione delle donne in Iran è diventata molto discriminatoria e sono state varate leggi molto dure contro di loro per esempio ogni uomo poteva sposare quattro donne, ripudiare la moglie senza un motivo valido, mentre per la donna chiedere il divorzio era molto complicato.
Secondo la legge una donna sposata non poteva viaggiare senza il permesso scritto del marito.
Non solo, il valore della vita della donna era la metà di quella di un uomo. Se una donna e un uomo per strada erano vittime di un incidente la donna veniva risarcita la metà di quanto veniva pagato per l'uomo. Le donne sia musulmane che no, iraniane oppure non iraniane, dovevano portare l'hijab. Questa è una parte minima di quello che erano veramente queste leggi. Le donne hanno perso la dignità e il rispetto, la loro persona è stata danneggiata. È per questo che le donne sono pronte a combattere anche rischiando di perdere la vita».

Sono cambiati gli uomini iraniani che ora combattono per strada al fianco delle loro donne?
«Dall'inizio della rivoluzione del 1979 le donne protestavano contro il regime della Repubblica Islamica e le sue leggi, gli uomini allora non seguivano le donne, poi l'insofferenza verso l'ingiustizia per le donne è stata trasmessa anche agli uomini.
Perché l'ingiustizia in una società è come un virus, se non lo combatti dall'inizio infetta tutti.
È quello che è accaduto in Iran.
Prima c'è stata la discriminazione contro le donne, poi è seguita quella religiosa, tribale, etnica, e una vastissima corruzione e violazione dei diritti umani e quindi gli uomini hanno capito che devono combattere accanto alle donne e lottare per i diritti umani e la democrazia».

Oltre all'abolizione dell'obbligo di velo quali sono le altre richieste dei manifestanti?
«I manifestanti compatti e uniti vogliono una sola cosa: che il regime islamico cada e la Repubblica islamica si dissolva. Questo è il volere di tutta la popolazione».

Perché il regime utilizza la paura per mantenere il potere?
«Il regime ha una debole base popolare e cerca di spaventare le persone, incarcerando, giustiziando, per costringere le persone a ubbidire al regime. Però non ha funzionato con il popolo. E vediamo che nonostante la forte oppressione la gente non ha paura».

Che cosa dovranno fare le iraniane, gli iraniani finché non saranno liberi?
«Le donne e gli uomini iraniani uniti devono seguire la loro volontà principale che è instaurare la democrazia e un sistema secolare in Iran e non devono fare neanche un passo indietro dai loro ideali».

La libertà è un valore non negoziabile secondo lei?
«Sì senz' altro è così: la libertà e la dignità umana non sono negoziabili».

Pensa che ci potrà essere un cambio di regime in Iran?
«Il movimento che è cominciato porterà al crollo del regime ma è un processo che deve fare il suo corso.

Quindi bisogna dire che il movimento che è cominciato è un inizio che porterà alla fine della Repubblica islamica».

Cosa le manca del suo Iran?
«Più di qualunque cosa mi mancano la gente e il popolo iraniano e i miei colleghi rimasti laggiù».

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