La lezione del padre di Noa di fronte alla violenza assassina di Hamas

Noa è una delle tante ragazze rapite da Hamas. Quello che dice suo padre è una lezione ai terroristi che urlano Allah Akbar

La lezione del padre di Noa di fronte alla violenza assassina di Hamas
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“Cosa posso dire? Per tutta la mia vita, da quando è nata, ho fatto del mio meglio per proteggerla, abbracciarla, sostenerla e amarla”. Così il papà di Noa, una delle tante, troppe, ragazze rapite da Hamas. Per capirci, Noa è la ragazza che si vede mentre viene portata via in moto. Un'immagine diventata purtroppo celebre insieme a quella della turista tedesca, in mutande e reggiseno, le gambe a X, orribilmente rotte, chissà come e con chissà che cosa. Si può solo immaginare lo strazio di un padre che vede queste immagini. Che sa che sua figlia è finita nelle mani di quelle bestie e che non può fare nulla per lei, se non sperare.

“Ho fatto del mio meglio per proteggerla”, ha detto il papà di Noa, dando una lezione ai terroristi che urlano Allah Akbar, Allah è grande, mentre loro sono così piccoli e vigliacchi. I sostenitori della causa palestinese diranno che in una guerra asimmetrica, dove le fionde si oppongono agli F35, tutto è concesso. Non è così. E il padre di Noa lo spiega bene, segnando la differenza tra forza e violenza. La prima è un prendersi cura, armare e combattere per proteggere qualcosa o qualcuno. La seconda, invece, è un’azione che ha come unico fine quello di ammazzare. Come il raid di Hamas che, anche sforzandosi di entrare nella mente dei terroristi, non ha portato a nulla di strategicamente rilevante. Se non morte e terrore in Israele, dimostrando che lo Stato ebraico oggi è più distratto e più fragile di ieri. Ma poi? Ora che la reazione di Israele sta per arrivare, e anche questa deve esser forte ma non violenta, ora che a Gaza non arrivano più luce, cibo e beni di prima necessità, cosa ha ottenuto Hamas?

Forse è riuscito a dimostrare che la vecchia dirigenza dell’autorità palestinese ormai non è più in grado di fare alcunché.

Forse ha fatto tornare sui propri passi l’Arabia Saudita, che si stava avvicinando allo Stato ebraico. Ma sono solo ipotesi. Solo “forse” che lasciano il tempo che trovano. Le uniche certezze sono i morti. Da una parte e dall’altra. E la lucida follia di un mattino dove la morte è arrivata danzando.

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