Bende ai piedini e bacche selvatiche: così i bimbi sono sopravvissuti nella giungla per 40 giorni

Hanno mangiato frutti selvatici e si sono fasciati i piedi con bende di fortuna: così i quattro bimbi sono sopravvissuti nella giungla per 40 giorni dopo l'incidente aereo

Bende ai piedini e bacche selvatiche: così i bimbi sono sopravvissuti nella giungla per 40 giorni
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La storia dei quattro bambini sopravvissuti nella giungla per oltre 40 giorni è destinata a rimanere nella storia. Quando i militari della Tap1 delle forze speciali colombiane hanno avvistato i piccoli nella selva intricata di vegetazione hanno messo mano alla loro radiotrasmittente gridando "miracolo": non una parola casuale ma quella in codice concordata per indicare il successo dell'Operazione speranza. Migliaia di persone, per oltre un mese, hanno battuto 2500 chilometri quadrati di foresta per ritrovarli dopo l'incidente aereo in cui è morta la loro mamma, insieme ai membri dell'equipaggio. Sono stati coinvolti anche gli indigeni, che hanno fornito il loro contribuito in un territorio così difficile da perlustrare. Ora le ricerche si concentrano per trovare Wilson, il pastore belga di sei anni che per primo ha fiutato le loro tracce. "Nessuno viene lasciato indietro. I soldati continueranno nell'operazione per trovarlo", fanno sapere dall'esercito.

I bimbi, però, ora sono al sicuro. "I bambini tendono ad avere una visione ottimista delle cose, molto più degli adulti. Avranno pensato che prima o poi qualche adulto sarebbe arrivato a soccorrerli", ha spiegato all'Ansa la psicologa dell'età evolutiva Anna Oliverio Ferraris. Nella foresta "i due più grandi si saranno presi cura dei più piccoli e avranno probabilmente svolto un ruolo parentale, ossia si sono fatti genitori dei più piccoli", spiega la professionista, secondo la quale questo ha depolarizzato i loro pensieri: "Hanno dovuto affrontare problemi concreti, come trovare il cibo. Fortunatamente qualcuno aveva insegnato loro come destreggiarsi nella foresta".

Il riferimento è a quanto insegnato loro dalla nonna, esperta di vita delle tribù indigene di Araracuara. Per non restare scalzi hanno improvvisato delle bende per avvolgere ai piedini, nutrendosi solamente con i frutti selvatici offerti dalla natura, che sono però stati in grado di selezionare, evitando quelli non commestibili. Sopravvivere in quell'area non è così scontato: grandi felini e serpenti, ma anche ragni, scorpioni e insetti velenosi abitano la foresta amazzonica, rappresentando un pericolo in ogni momento della giornata. L'eroina di questa storia è la sorella maggiore, la ragazzina di 13 anni che ha saputo prendersi cura dei fratelli. Si chiama Lesly ed è stata lei a proteggerli per tutti i 40 giorni. "Dobbiamo riconoscere il coraggio di questa bambina e la sua capacità di assumere la guida in una circostanza così estrema , perché possiamo affermare con sicurezza che è grazie alle sue cure e alla sua conoscenza della selva che i tre fratellini sono potuti sopravvivere al suo fianco", ha dichiarato il ministro della Difesa Ivan Velasquez.

"La resilienza nasce anche dalla capacità di affrontare le difficoltà, ma si arriva ad affrontarle se si è educati a farlo. I nostri ragazzi invece stanno in mezzo alle 'foreste' urbane abbandonati, senza sapere come cavarsela", ha spiegato a il Messaggero Alberto Villani, direttore di Pediatria generale e dell’emergenza dell’ospedale Bambino Gesù di Roma. "Questa vicenda straordinaria sarebbe stata impossibile con bimbi di un’altra nazionalità. Quei bambini sono indigeni, sono cresciuti in quell’ambiente e quindi lo conoscono. [...

] In quelle popolazioni una tredicenne ne sa più di un adulto, non sono i nostri 'bamboccioni' italiani, sono persone abituate a confrontarsi da sempre con le difficoltà e a superarle", ha affermato ancora il pediatra, sottolineando le differenze psicologiche e pratiche.

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