"Non vedo l'ora che arrivi il 20 gennaio": il figlio di Netanyahu a cena con Trump

Il rampollo di casa Netanyahu è negli Stati Uniti da più di un anno, lontano dai drammi in patria e dalle difficoltà paterne

"Non vedo l'ora che arrivi il 20 gennaio": il figlio di Netanyahu a cena con Trump
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Fa discutere nelle ultime ore una foto del figlio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Yair, che lo ritrae a cena insieme alla madre Sara e al presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump presso il golf resort in Florida. Un'altra foto solo di Sara Netanyahu e Trump era stata pubblicata ieri dal vice direttore delle comunicazioni del presidente eletto. "Grazie presidente Trump per una cena così meravigliosa! Non vedo l'ora che arrivi il 20 gennaio!", ha scritto Yair Netanyahu su X.

Il giovane rampollo di casa Netanyahu ha fatto spesso discutere, per via della sua vita agiata lontano da casa e i privilegi che spesso ne hanno fatto un capro espiatorio da bersagliare sui social in luogo del padre. Trentatre anni, una vita di agi, una laurea in Relazioni Internazionali alla Hebrew University di Gerusalemme. Ha spesso messo in imbarazzo il padre tra un'invettiva contro Ytzhak Rabin (accusato di aver "ucciso i sopravvissuti all'Olocausto") passando per una serie di colpi di testa e flirt con numerose top model, tanto che i suoi scelsero di spedirlo negli Stati Uniti per non pregiudicare la vita politica del padre.

Dall'aprile 2023 il giovane Netanyahu si trova in Florida, da dove pare non aver mai fatto ritorno a casa. Anzi, la sua permanenza negli Stati Uniti gli ha già causato non pochi guai: a differenza di numerosi connazionali riservisti all'indomani dell'attacco del 7 ottobre scorso, non si sarebbe precipitato in patria per combattere come previsto. Quanto basta a mettere in cattiva luce il padre, accusato in tempi di guerra di "graziare" il figlio scapestrato, esonerandolo da ciò che invece è obbligatorio per tanti suoi coetanei, che hanno perfino perso la vita in combattimento.

Dalla sua residenza dorata non ha mai mancato di pontificare sulle vicende in patria. Alcune settimane fa, Yair aveva lanciato gravi accuse contro lo Shin Bet, sostenendo che l'agenzia di intelligence stia orchestrando un colpo di stato contro il governo di suo padre e che stia "torturando" membri delle Forze di Difesa Israeliane. In un’altra serie di dichiarazioni aveva poi puntato il dito contro la Procura, i media e i tribunali, accusandoli di voler sovvertire la volontà popolare attraverso le indagini per corruzione contro suo padre. "Non è forse già in atto un golpe contro la scelta democratica del popolo, orchestrato da questi attori, insieme allo Shin Bet e alle forze militari?", aveva affermato, lasciando poco spazio a interpretazioni.

Da Miami, dove vive da circa un anno, Yair ha rincarato la dose, paragonando la situazione israeliana a una "repubblica delle banane, come l'America degli anni Sessanta".

Una frase che aveva fatto infuriare l'establishment di Washington. Nel mirino anche le indagini legate al 7 ottobre, che – a suo dire – sarebbero state avviate per nascondere all’opinione pubblica le decisioni prese quella notte dalla giunta, escludendo deliberatamente suo padre.

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