Braccio di ferro diplomatico incrociato in corso tra Stati Uniti e Cina in Africa. L’area calda coincide con il Corno d’Africa, o meglio ancora, con la Somalia. Mentre Pechino ha inviato in loco il suo alto funzionario Xue Bing per assicurare alla nazione il sostegno del Dragone, gli Usa intendono sostenere il riconoscimento della regione separatista somala del Somaliland. Per quale motivo il gigante asiatico e la Casa Bianca sono così interessate a questo dossier? Semplice: per il suo possibile collegamento indiretto con Taiwan, isola che il governo cinese (e praticamente tutti i Paesi del mondo tranne Vaticano, Paraguay e pochi altri piccoli Stati) riconosce come una provincia ribelle e parte integrante del suo territorio, e per la sua posizione strategica.
Usa-Cina e “l’affare Somaliland”
Situato sulla costa del Golfo di Aden, il Somaliland ha proclamato la propria indipendenza nel 1991, ma non è stato riconosciuto da nessun Paese. Mogadiscio continua intanto a considerare la regione parte della Somalia settentrionale. Ebbene, in occasione della cerimonia di giuramento del del presidente eletto Abdirahman Mohamed Abdullahidella, andata in scena la scorsa settimana, era presente il vice ministro degli Esteri di Taiwan Wu Chih Chung. Immediata la protesta da parte della Cina, con Pechino che ha spiegato di opporsi alla "creazione di istituzioni ufficiali o di qualsiasi forma di scambio ufficiale tra le autorità di Taiwan e il Somaliland".
Anche gli Stati Uniti erano rappresentati all'inaugurazione del leader del Somaliland, con l'ambasciatore Usa in Somalia Richard Riley a capo di una delegazione mentre elogiava l'"impegno del Somaliland per elezioni eque e credibili e il trasferimento pacifico del potere".
Il governo cinese ha quindi inviato Xue - nominato nel 2022 per mediare le crisi regionali - a rassicurare la Somalia. Qui l’inviato di Xi Jinping ha detto al presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud che la Cina "sostiene la Somalia nella salvaguardia della sua sovranità nazionale e integrità territoriale".
Le strategie di Washington e Pechino
Il sostegno alla regione separatista somala è cresciuto tra i leader politici repubblicani a Capitol Hill, i think tank di destra e i consulenti africani nell'amministrazione entrante di Trump. Il membro del Congresso repubblicano degli Stati Uniti Scott Perry, per esempio, ha presentato un disegno di legge che chiede al proprio governo di riconoscere la Somaliland "come un Paese separato e indipendente". Il disegno di legge richiede al territorio elezioni pacifiche e l'impegno per la governance democratica.
Il Somaliland, tra l’altro, fa parte dell'agenda del Progetto 2025, una specie di lista di desideri politici creata dal think tank statunitense di destra The Heritage Foundation, che è stata ampiamente vista come un progetto per la prossima amministrazione di Trump. Nel documento si chiede "il riconoscimento della statualità del Somaliland come copertura contro il deterioramento della posizione degli Stati Uniti a Gibuti". Gibuti: dove la Cina ha una (e l’unica) base militare all’estero.
Mogadiscio, nel caso in cui Washington dovesse fare leva sull’indipendenza del Somaliland, potrebbe anche cercare di avvicinarsi a concorrenti statunitensi come Cina, Iran o Russia, ma il paese è così instabile e il governo così disfunzionale che non sarebbe un partner molto allettante per quelle nazioni, al di là di un coinvolgimento limitato.
La Cina e gli Stati Uniti sono entrambi alla ricerca dell'influenza nel Corno d'Africa, dove lo stretto di Bab el-Mandeb nel Golfo di Aden, tra il porto di Berbera del Somaliland, Gibuti e Yemen, è una delle rotte marittime più trafficate del mondo. A Gibuti, le aziende cinesi hanno finanziato e costruito progetti come il porto polivalente di Doraleh e la zona di libero scambio di Gibuti. Pechino ha anche aperto la sua prima base militare navale d'oltremare a Gibuti nel 2017 per proteggere i suoi interessi e i suoi cittadini nella regione.
Gli Stati Uniti, nel frattempo, hanno preso in occhio l'accesso al porto di Berbera
del Somaliland come alternativa alla sua base militare di Gibuti, Camp Lemonnier, per contrastare l'influenza di Pechino nella regione e per proteggere le rotte commerciali tra gli attacchi Houthi alle navi nel Mar Rosso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.