Sparatorie di massa e violenza: i numeri che raccontano l'allarme in Usa

Negli ultimi anni il numero di sparatorie di massa negli Stati Uniti è in aumento. Dai boom della pandemia alle armi per le strade ecco cosa c'è dietro l'incremento delle stragi

Sparatorie di massa e violenza: i numeri che raccontano l'allarme in Usa

I fatti di Nashville sono una triste conferma: negli Stati Uniti la violenza delle sparatorie di massa sembra non conoscere tregua. Anzi. I dati mostrano una serie di trend preoccupanti, iniziati nel 2020 con la pandemia e peggiorati negli ultimi due anni. Il 28 marzo con la sparatoria nella Covenant School il numero di mass shooting negli Usa per il 2023 ha sfondato quota 130.

Quella perpetrata dalla trans Audrey Elizabeth Hale è solo l'ultima in ordine di tempo di un inizio anno difficile, con episodi alla Michigan State University, in due fattorie in California e in una sala da ballo a Monterey Park sempre in California. Un capitolo già visto anche nel 2022 ricordato come un anno sanguinoso con agguati in vari Stati, dal Colorado alla Virginia passando per Oklahoma e New York.

ar15
In primo piano un AR15, il fucile usato in moltissime stragi

L'aumento delle sparatorie e dei morti per armi da fuoco

Il fenomeno è preoccupante. Secondo i dati raccolti dal Gun Violence Archive, database di un'organizzazione no profit, il numero delle sparatorie di massa (che è una definizione ondivaga ma che per comodità viene considerata tale in presenza di almeno 4 presone coinvolte tra morti e feriti) è in crescita. Solo negli ultimi tre anni la media è stata di almeno 600 scontri a fuoco all'anno: erano 417 nel 2019; 610 nel 2020; 690 nel 2021 e 647 nel 2022.

A questi numeri fanno seguito quelli per i morti da arma da fuoco. Secondo Vox nessun altro Paese nel mondo ha un numero così elevato di vittime per la violenza armata. Stando alle stime della ong Everytown for Gun Safety ogni giorno almeno 120 americani rimangono uccisi da un'arma da fuoco e altri 200 rimangono feriti. Questa stima raccoglie ogni tipo di morte, dal suicidio all'omicidio. Stando allo US Centers for Disease Control and Prevention nel 2021 i morti per armi da fuoco sono stati oltre 48mila, l'8% in più rispetto al 2020. Di questi la metà ha riguardato persone che si sono tolte la vita.

Chi possiede le armi in America

Il passaggio dalla presidenza di Donald Trump a quella di Joe Biden non ha cambiato l'inerzia di questa vera e propria piaga. E infatti oltre al numero di morti e sparatorie, anche il numero di armi in circolazione è aumentato. Qui però si entra nel campo delle stime e delle ipotesi dato che non esiste un vero e proprio database con il numero preciso di armi e fucili in circolazione. In parte perché per legge non si possono creare registri coi possessori di armi, in parte perché esiste anche un fiorente mercato nero.

Nonostante questo si può avere un'idea andando a vedere i calcoli fatti dallo Small Arms Survey, un progetto di ricerca svizzero che monitora le armi leggere in circolazione nel mondo. Nel 2018 negli Usa ci sarebbero state in circolazione qualcosa come 390 milioni di armi: in sostanza 120 ogni 100 residenti (un balzo considerevole rispetto agli 88 ogni 100 registrato nel 2011). Numeri record che impallidiscono se confrontati con il resto del mondo. Per avere un'idea basta guardare al secondo Paese in questa particolare classifica, lo Yemen, un piccolo Stato arabo dilaniato da 9 anni di guerra civile che registra 52 armi ogni 100 abitanti.

L'aumento delle armi in circolazione è andato di pari passo con un cambiamento nell'identikit del possessore. Stando a uno studio di Harvard e della Northeastern University citato sempre da Vox, oggi il 3% dei possessori di armi detiene circa la metà delle pistole e dei fucili in circolazione. Questi "super proprietari" avrebbero in media qualcosa come 17 pistole e/o fucili a testa. L'istituto di ricerca Gallup, ha invece stimato che il 42% delle famiglie americane possedeva almeno un'arma.

Il boom della pandemia

Lo scenario è reso ancora più inquietante se si considera che durante e dopo la pandemia c'è stato un vero e proprio boom nelle vendite. Secondo la Bbc il possesso di armi è cresciuto esponenzialmente negli ultimi tre anni. Secondo un dossier dell'Annals of Internal Medicine tra il gennaio del 2019 e l'aprile del 2021 almeno 7 milioni e mezzo di americani sono diventati nuovi possessori di armi. Di questi la metà era composta da donne e il 40% era afroamericano o ispanico.

Questa impennata nelle vendite ha riguardato qualcosa come 23 milioni di armi vendute nel 2020 (+ 65% rispetto al 2019) mantenendosi costante anche nel 2021. Questi numeri riflettono un crescente senso di insicurezza. Josh Horwitz, che dirige il Johns Hopkins Center for Gun Violence Solutions, ha spiegato alla Bbc che l'aumento delle vendite è legato all'idea che queste ci tengano al sicuro, specialmente in tempi incerti. E infatti il biennio 2020-2021 è stato il più turbolento per la storia recente americana, flagellato prima dalla pandemia, poi dalle proteste di Black Lives Matter in seguito alla morte di George Floyd e infine dalle tensioni dopo le presidenziali avvenute nel novembre del 2020 e culminate con l'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.

negozio di armi
La coda fuori da un negozio di armi nel marzo del 2020, all'inizio della pandemia

La questione culturale

Il permeabile bisogno di sicurezza ha paradossalmente creato le condizioni per farla venire meno. Ma i problemi legati a questa "epidemia" delle armi da fuoco sono più profondi e affondano le radici in una fetta molto importante della storia americana. "La cultura delle armi", ha spiegato il professor Robert Spitzer della SUNY Cortland a Vox, "riunisce vari elementi che vanno dalla tradizione della caccia sportiva a quella della frontiera e della milizia. Ma oggi l'elemento della caccia è stato sostituito dall'idea che il possesso delle armi sia in realtà una forma di espressione del pensiero, di manifestazione di libertà contro l'oppressione del governo".

Le parole di Spitzer centrano un punto fondamentale: il possesso delle armi in America resta prima di tutto una questione culturale. Alla quale si affiancano altri problemi, anche di natura politica. In tema di controllo delle armi oltre il 90% dei democratici si definisce a favore di leggi più severe che pongano pistole e fucili sotto controllo. Al contrario solo il 24% dei repubblicani si dice d'accordo con la stessa affermazione. E così si passa dall'avere Stati come la California con leggi molti restrittive a Stati come Texas o Georgia che permettono di trasportarle liberamente senza permesso.

Certo esistono anche segnali di un lento ma costante cambiamento culturale. Tra il 2016 e 2020 si sta assistendo a un allineamento nella spesa per attività di lobbing tra gruppi che si muovono in favore del possesso delle armi da fuoco e gruppi che vogliono promuovere controlli più stringenti. Il simbolo di questa svolta si è avuto ad esempio con l'elezione al Congresso del deputato dem Maxwell Frost, giovanissimo e primo appartenente alla Gen Z a entrare nel parlamento Usa che ha sempre parlato di se stesso come di un appartenente alla “mass shooting generation”.

Gli studi

Joe Biden, che in campagna elettorale ha promesso più volte di porre un freno alla violenza, è apparso spesso impotente. Nel 2022 su pressione della Casa Bianca il Congresso ha licenziato la prima legge da oltre un decennio per controllare le armi, ma il provvedimento è apparso inadeguato e molto limitato, lasciando ai singoli Stati federali la patata bollente. In mezzo le accuse reciproche tra le due ali della società americana.

I liberal chiedono freni, limiti alla violenza, ma allo stesso tempo il taglio dei finanziamenti dei distretti di polizia. A destra si spinge sulla questione della salute mentale come fattore scatenante di molte sparatorie. In parte la versione dei conservatori è corretta. Secondo un'analisi dello Us Secret Service pubblicata dalla Bbc il 93% degli aggressori era alle prese con problemi personali poco prima della strage, da problemi di salute a difficoltà con scuola e lavoro fino a difficoltà nei rapporti famigliari.

Eppure lavorare solo sul fronte della salute mentale potrebbe non essere sufficiente. Stando a una ricerca della Duke University il legame tra stragi e salute mentale sono relativi.

Se fosse possibile curare tutti i disturbi mentali, dalla schizofrenia a quelli maniaco depressivi, i crimini violenti in America scenderebbero solo del 4%. Una prospettiva troppo limitata per produrre risultati. E che da sola non basta a evitare altre stragi come nella scuola cristiana di Nashville.

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