L’intelligence statunitense si trova di fronte a una rivoluzione tecnologica per affrontare la competizione con i suoi rivali nel delicato futuro dell’ordine mondiale. In quella che sembra già essere diventata una seconda Guerra fredda aperta su due fronti, le spie dovranno impiegare e imparare a fare i conti con l'intelligenza artificiale, sia come alleata che come nemica.
Secondo Anne Neuberger, agente operativo di alto livello della National Security Agency, la principale agenzia d'intelligence statunitense insieme alla Cia, gli Stati Uniti devono "sfruttare il loro settore privato e la loro ampia capacità di innovazione per superare i loro avversari", dal momento che la comunità di intelligence, oggi come ieri, deve avere la possibilità di sfruttare ogni fonte di forza per consegnare le informazioni essenziali ai decisori politici. Tali informazioni devono essere ottenute "alla velocità con cui il mondo odierno si evolve". Ciò comprende, ovviamente, l'integrazione massiva dell'intelligenza artificiale, che in particolare, attraverso modelli linguistici, offre "opportunità rivoluzionarie per migliorare le operazioni e le analisi di intelligence”. E che in qualche modo ci ricorda, anche se il paragone potrebbe apparire forzato, qualcosa che somiglia alla “Cryptological bombe” di Bletchley Park che fece la differenza nella Seconda guerra mondiale.
Ma come tiene a spiegare l’esperta operativa americana in un articolo redatto e pubblicato su Foreign Affairs, il punto importante da capire è che la rivoluzione tecnologica a livello d'intelligence sta avvenendo anche nelle potenze avversarie o nei competitori che intendono "scoprire e contrastare le operazioni di intelligence”, siano essere condotte dagli americani e possiamo o dagli alleati. Pensiamo alla comunità d'intelligence dei Five Eyes, ai partner della Nato, tra cui è compresa ovviamente l'Italia.
Per questa ragione gli Usa ambiscono ad essere i "primi a proteggersi dai nemici che potrebbero usare la tecnologia per scopi malvagi”. Siano essi regimi autoritari, hacker, ma anche organizzazioni terroristiche o la criminalità bande organizzata, che secondo i report hanno dimostrato di aver avuto accesso a modelli o parte di queste tecnologie. Vengono menzionati Hezbollah, Hamas e la compagnia paramilitare russa Wagner.
Contestualmente, spiega la Neuberger, che ha ricoperto il ruolo di primo Chief Risk Officer, le comunità militari e di intelligence statunitensi che intendono sfruttare il potenziale dell'intelligenza artificiale, si troveranno a dover mitigare ”rischi intrinseci” per garantire il corretto uso di questa tecnologia che può garantire il "vantaggio competitivo in uno scenario globale in rapida evoluzione", ma non può rischiare di violare leggi e diritti come si è rischiato di fare in passato.
Il Caso Snowden ci ricorda infatti quali limiti possono essere violati e quali sono dovrebbero essere i limiti operativi di qualsiasi tecnologia in forza all'intelligence. Allo stesso tempo, tuttavia, i progressi fatti della Cina nel campo dell'intelligenza artificiale, e in particolare nel campo della sorveglianza tramite il riconoscimento facciale che la supportano, o altri modelli basati su quelli che vengono definiti “set di dati estesi” raccolti su larga scala, in assenza di particolari restrizioni sulla privacy e tutele delle libertà civili, rischiano di conferire alla Cina un vantaggio strategico che vanno preso in considerazione.
Analisi rapide per reazioni immediate
L'intelligenza artificiale, spiega Anne Neuberger, può rivoluzionare la comunità dell’intelligence attraverso la capacità di "elaborare e analizzare enormi quantità di dati a velocità senza precedenti", avvisando gli analisti umani di potenziali minacce che possono emergere sempre più rapidamente. Ciò dovrebbe permettere di valutare già velocemente il livello di rischio.
Questo comprende l'incrocio di immagini satellitari, il monitoraggio di movimenti militari, il lancio di missili e traiettorie, o di importanti sviluppi internazionali che gli analisti devono processare prima di informare i decisori. Ma riguarda anche analisi di ampio spettro che devono essere effettuate su milioni di informazioni che gli algoritmi possono vagliare per conto del singolo analista che, in questo modo, potrebbe risparmiare del tempo prezioso da dedicare a quelle che l'operativa della Nsa definisce “attività più gratificante", ossia "generare analisi originali e più approfondite, aumentando le intuizioni e la produttività complessive della comunità dell'intelligence".
L'AI viene già largamente impiegata dai linguisti che devono tradurre continuamente contenuti di lingue straniere, ed è stato portato ad esempio un caso interessante: quando nel 2018 il Mossad ha violato segretamente in una struttura iraniana rubando circa “il 20% degli archivi che descrivevano dettagliatamente le attività nucleari dell'Iran tra il 1999 e il 2003". La quasi totalità dei documenti era in persiano, e questa mole enorme di file venne analizzata per mesi. Con l'ausilio dell'intelligence artificiale sarebbe stata "questione di ore”, almeno nei passaggi preliminari di analisi. Questi “modelli” possono “setacciare rapidamente set di dati di intelligence, informazioni open source e intelligence umana tradizionale e produrre bozze di riassunti o report analitici preliminari”. Un risultato che gli analisti possono poi convalidare e perfezionare.
Il rischio di rimanere indietro
Secondo i sostenitori della rivoluzione tecnologica nel campo dello spionaggio i servizi segreti devono padroneggiare l'uso dell’intelligenza artificiale e farne un “elemento fondamentale” del loro lavoro. “Aspettare troppo a lungo comporta dei rischi”, sostiene l’esperta. Cina, Russia e altre potenze stanno procedendo a pieno ritmo nello sviluppo di queste tecnologie e il rischio sembra essere quello di rimanere indietro.
Sembra essere idea comunque, anche per i nostri apparati, che l’attuazione di questi cambiamenti “richiederà un cambiamento culturale all'interno della comunità dell’intelligence”, anche se le soluzione del futuro sembrerebbero orientarsi, come in altri campi, su un approcci ibridi che prevedono la stratta collaborazione di analisti con sistemi estremamente automatizzati che faranno tesoro dei data center e della potenza di calcolo correlata all'intelligenza artificiale. Rimandando appunto la nostra memoria alla macchina Colossus con cui di Alan Turing riuscì a decifrare il sistema Enigma in tempi che non sarebbe stati altrimenti "possibili" per l'uomo.
Le comunità militari e dell'intelligence sono impegnate a mantenere gli esseri umani al centro del processo decisionale ma devono
essere “assistiti” dall'intelligenza artificiale, ma la “crescente rivalità per dare forma al futuro dell'ordine globale” sembra imporre un’urgenza nel compimento di questo processo di innovazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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