"Squadroni della morte per uccidere i pusher": l'ammissione di Duterte

Rodrigo Duterte, ex presidente delle Filippine, ha ammesso di aver utilizzato uno "squadrone della morte" per combattere il narcotraffico

"Squadroni della morte per uccidere i pusher": l'ammissione di Duterte
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L’ex presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, ha ammesso per la prima volta, nel corso di un’audizione in Senato, di aver mantenuto uno “squadrone della morte” durante il suo incarico da sindaco di Davao, tra il 2013 e il 2016, per combattere il narcotraffico. "Avevo uno squadrone della morte. Non utilizzavo la polizia, usavo i gangster. A questi dicevo: Uccidi questa persona, perché se non lo fai sarò io a uccidere te", ha raccontato il 79enne davanti ai membri della commissione del Senato per le indagini e per la responsabilità dei funzionari pubblici. Duterte, alla prima apparizione pubblica dopo la fine del suo mandato nel 2022, ha inoltre spiegato di non aver niente di cui scusarsi per quanto accaduto sotto la sua presidenza, durante la quale sono state uccise circa 30.000 persone nell'ambito di una spaventosa "guerra alla droga".

L'ammissione di Duterte

"Il mio mandato come presidente della repubblica era proteggere il Paese e il popolo filippino. Non mettete in discussione le mie politiche, perché non offro scuse. Ho fatto quello che dovevo fare e, che ci crediate o no, l'ho fatto per il mio Paese", ha sottolineato Duterte, presentatosi all'udienza camminando con un bastone, spesso imprecando mentre si rivolgeva ai senatori. L’ammissione dell'ex presidente è giunta dopo cinque ore di domande in merito alle presunte uccisioni extragiudiziali che sarebbero avvenute nel quadro della campagna contro il narcotraffico denominata Operazione Tokhang, avviata proprio da Duterte dopo aver assunto l’incarico di presidente.

Nel corso dell’audizione, l’ex presidente filippino ha anche detto di aver ordinato alla polizia di “incoraggiare” i sospetti arrestati a “reagire”, così che questi potessero essere uccisi. Il motivo, ha spiegato, è che i tempi per istruire un processo sarebbero stati molto più lunghi. Al Senato Duterte è stato affrontato per la prima volta da alcuni dei più accesi critici della sua guerra alla droga, tra cui l’ex senatrice Leila De Lima, arrestata e poi rilasciata lo scorso giugno per reati legati al narcotraffico dopo che alcuni testimoni chiave nel suo caso hanno ritrattato le proprie testimonianze affermando di essere stati costretti a parlare dal direttore generale della Polizia nazionale, Ronald “Bato” dela Rosa, oggi senatore. Quest’ultimo ha letto una dichiarazione scritta durante l’audizione, nella quale ha negato ogni coinvolgimento nelle uccisioni extragiudiziali.

Gli squadroni della morte e la guerra alla droga

Nello specifico, Duterte ha affermato di aver chiesto alla polizia di non abusare dei propri poteri e spiegato loro che avrebbero dovuto "respingere l'aggressione solo per legittima difesa", e che considerava i tossicodipendenti come "pazienti che necessitano di cure mediche e non come criminali". Tuttavia, l'ex leader ha affermato di aver mantenuto uno squadrone della morte composto da sette "gangster" mentre era sindaco di Davao City. "Posso confessare ora se volete", ha dichiarato Duterte. "Avevo uno squadrone della morte di sette persone, ma non erano poliziotti, erano anche gangster", ha aggiunto.

All'inizio di questo mese, un'inchiesta parlamentare separata ha ascoltato la testimonianza di un ex colonnello della polizia che ha affermato che gli ufficiali potevano guadagnare tra 20.000 pesos (265 sterline) e 1 milione di pesos (13.200 sterline) per omicidio durante le repressioni antidroga, a seconda dell'obiettivo. Le ricompense venivano date solo per gli omicidi e non per gli arresti. Duterte ha negato queste affermazioni.

L’indagine è l’ennesimo segnale della crescente ostilità tra Duterte e il presidente filippino in carica, Ferdinand Marcos Jr.

Negli ultimi mesi le dinastie politiche che fanno capo ai due leader si sono scontrate su una serie id questioni, inclusi i fondi all’intelligence e le proposte di riforma della costituzione. All’audizione di oggi hanno preso parte anche diversi alleati di Duterte, incluso l’ex capo dell’agenzia antidroga Aaron Aquino e l’ex portavoce Salvador Panelo.

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