"Attrezzature e armi Nato a Mosca": ecco lo snodo del traffico fantasma verso la Russia

Gli Usa e l'Ue temono che la Turchia sia diventata una sorta di canale commerciale sfruttato da Mosca per reperire articoli sensibili e militari dai mercati occidentali

"Attrezzature e armi Nato a Mosca": ecco lo snodo del traffico fantasma verso la Russia
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Nei primi nove mesi del 2023 la Turchia ha esportato beni per un valore complessivo di 158 miliardi di dollari verso la Russia e cinque altri Paesi ex sovietici sospettati di fungere da intermediari con il Cremlino. I prodotti veicolati da Ankara avrebbero compreso 45 categorie di beni civili utili anche all'esercito russo, inclusi microchip, apparecchiature di comunicazione e mirini telescopici, e tutti soggetti ai controlli sull'export di Stati Uniti, Unione Europea, Regno Unito e Giappone. Questo crescente commercio avrebbe così minato i tentativi statunitensi ed europei di frenare la capacità militari di Mosca, alimentando le tensioni tra Ankara e i suoi partner della Nato.

Le esportazioni della Turchia verso la Russia

Secondo quanto riportato dal Financial Times, gli Usa e l'Ue temono che la Turchia sia diventata una sorta di canale commerciale sfruttato da Mosca per reperire articoli sensibili e militari dai mercati occidentali. A dimostrazione di come sia diventata una priorità per Washington tenere a freno questo commercio, Brian Nelson, sottosegretario al Tesoro americano per il terrorismo e l’intelligence finanziaria, visiterà questa settimana Istanbul e Ankara, dove discuterà degli "sforzi per prevenire, interrompere e indagare sulle attività commerciali e finanziarie che avvantaggiano lo sforzo russo nella sua guerra contro l’Ucraina".

Il viaggio di Nelson avviene in un contesto delicatissimo, visto che svariate indicazioni segnalano l'invio in Russia di alcuni beni a duplice uso, identificati dagli Stati Uniti e dai loro alleati come di particolare valore per la guerra. Molto spesso, infatti, i suddetti prodotti finirebbero a Mosca anche quando etichettati in partenza verso un altro Paese. I tentativi di interrompere questo traffico fantasma sono però complicati visto che gli articoli hanno applicazioni sia commerciali che militari.

Il commercio fantasma

A quanto pare, il commercio prospererebbe sfruttando le lacune normative esistenti tra i controlli sulle esportazioni statunitensi e l’applicazione della normativa europea. "Dobbiamo davvero fare affidamento su certi Paesi (come la Turchia ndr) affinché intraprendano azioni coercitive nelle proprie giurisdizioni, per raggiungere le entità specifiche che facilitano il trasbordo (di beni sensibili ndr)", ha dichiarato Emily Kilcrease, direttrice del programma Energia, Economia e Sicurezza presso il think tank Center for a New American Security.

Il FT sostiene che la Turchia - insieme agli Emirati Arabi Uniti - funga da destinazione intermedia per le entità russe che cercano di sfruttare le rotte di importazione in più fasi per aggirare i controlli. Ankara verrebbe insomma "usata" da Mosca per acquistare le merci europee nonostante le sanzioni. Per il resto, mentre i dati ufficiali provenienti dalla Turchia hanno mostrato un aumento delle esportazioni di beni ad alta priorità verso Azerbaigian, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan, le agenzie statistiche di questi Paesi non hanno registrato un aumento corrispondente delle importazioni.

La risposta di Ankara

Discrepanze del genere suggeriscono che gli articoli segnalati dalla Turchia come destinati agli intermediari vengano invece trasportati direttamente in Russia. "È ovvio che questi beni vadano in Russia", ha affermato Elina Ribakova, membro senior del think tank Peterson Institute for International Economics e vicepresidente per la politica estera presso la Kyiv School of Economics.

Il ministero degli Esteri turco ha tuttavia ribadito che, pur non rispettando le sanzioni occidentali, "il monitoraggio rigoroso e la prevenzione degli sforzi per aggirare le sanzioni attraverso la Turchia sono parte integrante della nostra politica".

Lo stesso dicastero ha chiarito che, sebbene le grandi imprese finanziarie e industriali della Turchia "rispettino rigorosamente" le misure per evitare questo tipo di commercio, "inevitabilmente, ci sono tentativi di evasione da parte di entità oscure e insignificanti che sono ignoranti o indifferenti alle sanzioni".

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