Una storia triste e di incredibile violenza quella che arriva da Torino, dove un uomo ha subito per anni, insieme alla moglie, le angherie del figlio, fino ad arrivare a una soluzione drastica. L'uomo vive ora in una casa protetta del Gruppo Abele e attende che si concluda il processo giudiziario che vede imputato il figlio.
La drammatica vicenda
Per comprede fino in fondo la gravità della situazione, è necessario tornare indietro nel tempo, a quando il figlio era ancora un adolescente. Già da giovanissimo il ragazzo aveva manifestato comportamenti violenti nei confronti dei genitori: atti di ribellione spesso non giustificati, urla, minacce, offese di ogni genere, fino alla violenza fisica vera e propria. I genitori erano praticamente suoi ostaggi. Il giovane non aveva intenzione di studiare e, una volta in età da impiego, neppure di lavorare.
Dopo tante difficoltà, i familiari erano riusciti a convincerlo a fare un corso per diventare aiuto cuoco. Speranza vana. Ottenuta la certificazione, il ragazzo riusciva a trovare facilmente lavoro, ma si licenziava dopo poco. "Tornava a isolarsi, chiuso nella sua cameretta trasformata in discarica. Più cercavamo di avvicinarci a lui per capire cosa stesse accadendo, più mostrava disprezzo nei nostri confronti e ci rinfacciava di non essere i suoi genitori naturali, poiché quando aveva 4 anni lo abbiamo adottato", racconta l'uomo, disperato, al Corriere della sera.
La freddezza del giovane
Come viveva, allora, il giovane? Con i soldi dei genitori, oppure rubando in casa. Il ragazzo ha portato via di tutto, per poi rivenderlo. Una situazione difficile e drammatica, insomma, che il padre ha dovuto, a un certo punto, imparare a gestire da solo, perché sua moglie si è ammalata di cancro.
Non un gesto d'affetto da parte del figlio in quei mesi atroci. "Si sarà affacciato al massimo un paio di volte e non ha mai mostrato un briciolo di compassione verso quella donna che tanto lo amava e tanto soffriva", ricorda l'uomo. "Credo sia stata proprio la sua mancanza di pietà a farmi reagire e chiedere aiuto, dopo che una sera si è avventato contro di me stringendomi le mani attorno al collo con una furia inaudita".
Paura in casa propria
"Mi sono ridotto a girare in casa portandomi sempre in spalla uno zainetto per paura che ogni effetto personale potesse essermi rubato da un momento all'altro", racconta ancora l'uomo. "Eppure, continuavo a credere che si potesse tornare indietro. E che lui sarebbe stato in grado di trovare il modo e la voglia per rinsavire. Può sembrare strano, ma quando è tuo figlio ad avere un comportamento aggressivo, ad allontanarsi da te, a farti sentire sbagliato e a minacciarti, una parte del tuo inconscio si difende rifugiandosi nell'immagine di quando l'uomo che ora ti minaccia e ti disconosce come padre era solo un bambino. Rivedi i sorrisi, i momenti di gioco, i piccoli capricci e le coccole prima della nanna. E ti convinci che la violenza è solo una fase e che una mattina, svegliandoti, sarà tutto passato. Come fosse un brutto sogno", è il lungo sfogo del padre.
Nulla, però, è cambiato. La famiglia ha subito per 15 anni le angherie del giovane, fino ad arrivare alle violenze fisiche. Per cercare di salvare il poco che era rimasto, marito e moglie avevano addirittura trasformato in cassaforte uno sgabuzzino. Tutto inutile. Per ottenere ciò che voleva, il giovane ha tentato di sfondare una parete.
Una via di fuga
Lo scorso autunno, il padre del giovane ha lasciato la casa in cui vivevano entrambi per cercare rifugio altrove.
Adesso vive in un alloggio del Gruppo Abele, e continua a sperare, malgrado ci sia un processo in corso avviato dopo la sua ultima denuncia.Anche in caso di condanna, l'uomo ha chiesto che la pena nei confronti del figlio venga trasformata in un obbligo di cura e assistenza psichiatrica.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.