La madre avvelenata con le penne al salmone: "Un figlio non ce l'ho più"

Alessandro Leon Asoli, il 21 enne che nell’aprile del 2021 avvelenò sia lei che il suo patrigno, uccidendolo. La donna ancora non riesce a perdonarlo: "Ha provato a soffocarmi quando ha visto che non morivo"

La madre avvelenata con le penne al salmone: "Un figlio non ce l'ho più"

"Non riesco a perdonarlo per quello che ha fatto. Quando ha visto che non morivo ha cercato di soffocarmi". Aveva solo 19 anni suo figlio Alessandro Leon Asoli, quando ha ucciso il patrigno Loreno Grimandi, e tentato di uccidere la madre Monica Marchioni, con un piatto di penne al salmone a cui aveva aggiunto del nitrato di sodio. E' la donna a parlare dopo mesi, dopo l'omicidio del 56enne avvenuto il 15 aprile dello scorso anno a Ceretolo di Casalecchio, in provincia di Bologna. E dopo la condanna a 30 anni per il giovane da parte della corte d'Assise di Bologna. La donna si era salvata, solo perché aveva mangiato meno rispetto al marito. Il giovane si è sempre dichiarato innocente, gettando invece la colpa sulla madre e accusandola di essere l’unica responsabile di quanto avvenuto.

Ecco come vive adesso

Marchioni, assistita dal suo legale, l’avvocato Marco Rossi di Modena, come riportato dal Corriere di Bologna ha raccontato come sta vivendo adesso. Ha fatto sapere che sta seguendo un lungo percorso di elaborazione con una psicoterapeuta e una psichiatra e che ha venduto la casa in cui è avvenuta la tragedia. Parlando del ragazzo ha ammesso: "A oggi non lo ritengo più mio figlio. Sì facevamo tanti viaggi, uno degli ultimi era stato a New York, io e marito ci prendevamo sempre cura di lui. Provavamo a dargli sempre le cose migliori, non so se sia stato questo l’errore. Di certo lui è molto cambiato quando abbiamo deciso di chiudergli i rubinetti delle disponibilità economiche e infatti tutto quello che ha fatto era finalizzato a non dover studiare né lavorare quindi a trovare la via più breve, ad avere il nostro lascito prima del tempo".

Il ricordo di quella tragica notte

La donna si sente divisa in due: da una parte c’è la madre che ha sempre amato suo figlio, mentre dall’altra c’è la vittima di un reato. "Ha provato a uccidermi provando a soffocarmi e urlandomi cose cattive dopo che ero stata avvelenata. Sono cose che sto provando a superare, ma non è semplice. In quei drammatici momenti gli dicevo “Chicco ma cosa fai? Sono la mamma, lasciami andare". Lo chiamavo così “Chicco”, ma anche in quelle frasi in lui non ci fu la minima esitazione. Come si fa a sopravvivere a questo ricordo?", ha ammesso la donna. Per quel figlio, che non ha più sentito, continua ogni giorno a pregare.

Ma ancora non pensa di riuscire a perdonarlo, soprattutto perché dal processo è emersa la premeditazione delle sue azioni. Voleva l’eredità e aveva cercato su internet, utilizzando l’iPad della madre, i veleni da utilizzare. Usava sempre l’apparecchio indossando i guanti, per non lasciare impronte che potessero rimandare a lui. Alessandro era cambiato, dopo aver concluso con difficoltà gli studi si era preso un anno sabbatico e aveva detto di voler andare a vivere da solo. Per questo gli era stata presa una casa in affitto a Bologna dove avrebbe dovuto trasferirsi quindici giorni dopo. La donna ha ricordato che il figlio "era attratto dalla capacità di influenzare la personalità e i comportamenti delle persone. Una volta ci disse che voleva fare un rito con un amico per diventare potente ma ovviamente gli dicemmo di non permettersi a farlo. Oppure spesso diceva con noncuranza “Tanto a breve mi suiciderò”, comportamenti che a me preoccupavano tantissimo, ma al tempo stesso ritenuti a Loreno atteggiamenti detti in modo leggero".

Come ha fatto a salvarsi

La Marchioni si è salvata solo per il fatto di aver mangiato meno di suo marito, che si è subito sentito male, perché si era accorta che la pasta aveva un sapore strano. "Quando ha visto che non morivo ha cercato di soffocarmi e per fare tacere le mie grida mi dava dei pugni. Una lotta interminabile, ho pensato che non avrei più visto il giorno e non sarei riuscita ad aiutare mio marito. Si è fermato solo quando ha sentito i vicini che urlavano e calciavano la porta e forse i carabinieri, ero sotto choc. Lui mi ha detto "Vedi cosa hai combinato? Ora vai lì e devi dire che va tutto bene”. Invece ne approfittai per aprire la porta e trovare così la salvezza".

La donna è certa che se adesso andasse a trovare il figlio non riuscirebbe a essere sincera e sa di non poterlo aiutare perché adesso ha bisogno lei stessa di aiuto. A coloro che pensano che un genitore debba sempre saper perdonare un figlio, la donna ha affermato: "Credo che nessuno possa giudicarmi per questo.

La mia vita è stata completamente distrutta. Ho perso la persona che amavo e anche un figlio, che a sua volta è il responsabile di tutto questo. Chi vive la mia esperienza non dimentica, impara a convivere con il suo dramma".

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