La maggioranza di sinistra espelle i consiglieri di opposizione: vennero denunciati dal Comune

La giunta comunale di San Vito di Cadore, nel Bellunese, presieduta dal neo sindaco Franco De Bon ha dichiarato ineleggibili tutti e tre gli esponenti di minoranza perché il suo predecessore aveva avviato una causa civile contro di loro

La maggioranza di sinistra espelle i consiglieri di opposizione: vennero denunciati dal Comune
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Opposizione comunale esclusa in toto dal Consiglio su ordine della giunta per via di una causa intentata contro di loro anche (indirettamente) dal sindaco. Il caso piuttosto anomalo e contraddittorio riguarda la piccola località di San Vito di Cadore, in provincia di Belluno, dove i tre componenti della minoranza locale sono stati dichiarati ineleggibili sulla base delle conseguenze di un loro passato ricorso - presentato insieme a un'altra decina di cittadini - contro la contestata variante a valle del paesino, sopra l'argine del Boite. E ora un cavillo potrebbe provocare una surreale estromissione dal municipio nel quale i tre consiglieri sono stati eletti non più tardi di due mesi fa.

Annarosa Martinelli, Paolo Brovedani e Silvia Darsiè De Sandre sono gli esponenti che alle ultime elezioni amministrative di giugno di sono presentati con la "Lista Bucaneve", sconfitta da "Nuova Generazione 3.0" facente capo all'attuale maggioranza del sindaco Franco De Bon, che appartiene all'orbita di centrosinistra. I tre rappresentanti della minoranza comunale, negli anni più recenti, sono stati molto attivi nelle iniziative di un nutrito gruppo di cittadini che aveva presentato diversi ricorsi contro la variante di San Vito, la cui procedura è stata parecchio tormentata: solamente un anno fa, infatti, sono stati avviati i cantieri per la nuova strada di attraversamento per la quale la comunità aveva cercato inutilmente di stoppare i lavori a colpi di carte bollate.

Succede poi che, nello scorso mese di maggio, il commissario prefettizio Antonio Russo aveva fatto causa a questi cittadini per eccesso di ricorsi di fronte alla giustizia amministrativa: lui sosteneva che il Comune aveva dovuto sostenere dal 2020 in poi spese legali per 64mila euro, subendo allo stesso tempo un danno d'immagine per 80mila euro: 144mila euro complessivi. Ed è proprio questo fatto che sembrerebbe essere il vero ostacolo per i tre consiglieri che si sono visti citare, loro malgrado, in un'azione giudiziaria avviata dal Comune. La loro eventuale ineleggibilità scaturirebbe dall'ex art. 63 del Decreto legislativo 267/2000 secondo cui non può ricoprire la carica di consigliere comunale (dunque sussiste la incompatibilità) "colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, con il comune".

Il successivo articolo 69 prevede che il consiglio comunale ha la possibilità di contestare la causa di ineleggibilità agli interessati e questi ultimi hanno a disposizione dieci giorni di tempo per fornire spiegazioni. Dopo di che il consiglio comunale "ove ritenga sussistente la causa di ineleggibilità [...] invita l’'amministratore a rimuoverla"; se questo non dovesse capitare, il consiglio lo dichiara decaduto. Contro la deliberazione si può presentare ricorso in Tribunale. Nel frattempo, tuttavia, la seduta segreta del consiglio convocata ieri ha cristallizzato questo iter grazie alla situazione degli equilibri politici, con il voto dei sette consiglieri di maggioranza.

Il sindaco De Bon parla di un "atto dovuto", ma ora in molti si chiedono se l'attuale primo cittadino (succeduto al commissario prefettizio denunciante) non potesse cogliere l'opportunità di togliere il Comune da questa patata bollente: magari ritirando la richiesta di risarcimento danni.

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