No Tav tentano di superare i blocchi della polizia: tensione in Val di Susa

Clima rovente a Giaglione, dove alcuni attivisti sono venuti a contatto con gli agenti nel corso della manifestazione contro l’operazione che ha portato al sequestro di due presidi

No Tav tentano di superare i blocchi della polizia: tensione in Val di Susa
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A cinque mesi dagli assalti ai cantieri della Torino-Lione, martedì mattina è scattata l'operazione di polizia che ha portato al sequestro dei presidi No Tav, alle aree circostanti e a una sessantina di denunce per gli scontri scoppiati a luglio dell'estate scorsa. Clima rovente in serata a Giaglione, in Val di Susa, dove alcune decine di attivisti - compresi alcuni militanti del noto centro sociale Askatasuna di Torino - hanno manifestato davanti ai cordoni della polizia. Un gruppetto ha provato ad oltrepassare i blocchi delle forze dell'ordine e non sono mancati i momenti di tensione.

Secondo quanto ricostruito, l'obiettivo degli attivisti No Tav era quello di percorrere i sentieri nei boschi della Val di Susa che portano al presidio dei Mulini, dove al momento sono in corso i lavori di ampliamento del cantiere della Torino-Lione. Nel tentativo di sfondare, gli esponenti anti alta velocità si sono contrapposti agli agenti dei reparti mobili che li hanno spinti via con gli scudi, per poi allontanarsi. Ma non è tutto, in serata sono previsti nuovi aggiornamenti: altri No Tav si stanno radunando nel piazzale di San Didero, di fronte al presidio posto sotto sequestro.

Il blitz della Digos di martedì mattina è avvenuto in esecuzione di un decreto di sequestro della gip Ombretta Vanini, che ha accolto le richieste del pubblico ministero Davide Pretti. Come anticipato, i sigilli sono stati posti ai presidi dei Mulini, in Val Clarea, e a San Didero proprio mentre il cantiere di Chiomonte si sta ampliando. Secondo i giudici, i due presidi e le aree circostanti sono "senza dubbio stabilmente e sistematicamente utilizzati per la commissione di reati, trattandosi di beni del tutto strumentali, fungendo da deposito di tutti gli oggetti impiegati sia per i plurimi danneggiamenti, sia per gli agiti violenti". Secondo il gip"senza tali presidi, difficilmente i manifestanti avrebbero potuto travisarsi, trovandosi già nei pressi dei cantieri, e agire in modo repentino, sottraendosi alla loro identificazione al termine delle rappresaglie", divenendo cosi "veri e propri avamposti strategici".

Il movimento No Tav prosegue la sua battaglia e c'è particolare attesa in vista della data storica dell'8 dicembre: prevista una marcia per ricordare il 2005, quando nella piana di Venaus una manifestazione di migliaia di persone bloccò i lavori dell'opera.

A tal proposito, i militanti hanno lanciato lanciato un appello per un presidio prima a Venaus e poi a San Didero: "Non possiamo accettare che vengano chiusi i nostri luoghi di incontro, ci ritroviamo per dare insieme una prima risposta collettiva, perché il movimento No Tav non si può estirpare ma cresce e si diffonde ogni giorno di più".

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