Pensionato lavora un solo giorno e l'Inps gli chiede 20mila euro

L'incredibile vicenda arriva dalla provincia di Ravenna: il tribunale ha dato ragione all'ex operaio, condannando l'Inps a restituire le rate trattenute

Uno sportello dell'Inps
Uno sportello dell'Inps

Per aver prestato un unico giorno di lavoro ha rischiato di vedersi addebitare dall'Inps la sbalorditiva cifra di 20mila euro. La singolare vicenda, capitata a un uomo di 68 anni, arriva dalla provincia di Ravenna.

Una volta raggiunta l'età pensionabile allora prevista da Quota 100, il protagonista della vicenda, un ex operaio di Faenza, aveva lasciato il mondo del lavoro nel 2019. Fin qui tutto bene, se il pensionato non avesse deciso di svolgere un giorno di lavoro nel 2020. Un unico giorno di lavoro, svolto per conto di una ditta agricola di Bagnacavallo, nel Ravennate, che gli aveva fruttato una paga di 59,68 euro. Cifra più che sufficiente, quantomeno per l'Inps, per ritenere indebiti gli assegni pensionistici incassati per tutto l'anno solare: una somma, quella di cui l'Istituto nazionale di previdenza sociale aveva chiesto la restituzione, di circa 20mila euro.

La sentenza

Dario Bernardi, giudice della Sezione lavoro del tribunale di Ravenna, si è tuttavia pronunciato a favore dell'ex operaio di Faenza, i cui interessi sono stati tutelati dall'avvocato Federica Moschini. La sentenza ha determinato "l'inesistenza dell'indebito pensionistico per il 2020", condannando l'Inps a restituire tutte le rate che erano state ingiustamente trattenute. Per via della assoluta "particolarità della questione", specie a causa del fatto che non esiste alcun"orientamento giurisprudenziale consolidato", il giudice Bernardi ha scelto di suddividere le spese processuali tra le parti in causa.

Non sussistono particolari dubbi, si legge sulla sentenza depositata in tribunale, che il pensionato "sia stato retribuito per un solo giorno di lavoro", come esaurientemente certificato all'interno della busta paga relativa al mese di settembre del 2020. Un documento di fondamentale importanza per definire la vicenda, anche perché, spiega il giudice,"dovrà tenersi conto di quanto effettivamente lavorato e non di quanto programmato". Vale a dire "un'unica giornata lavorativa nel corso di un'annualità", che ha fruttato un compenso di 59,68 euro.

Cifra che va individuata, prosegue la sentenza, "come reddito da lavoro dipendente e tuttavia - per l'assoluta occasionalità ed eccezionalità, anzi l'unicità che la caratterizza - non può qualificarsi come 'reddito' da porsi in contrapposizione al godimento della pensione anticipata ex quota 100".

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