Cappato, storico radicale, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, ex parlamentare Ue, candidato sindaco di Milano, lunedì sarà anche attore per una notte al Teatro Arcimboldi.
Cosa racconterà agli spettatori?
«Da Marco Pannella a Cappato, scritto con Alberto “Bebo“ Guidetti, è una storia di iniziative politiche col metodo della non violenza, della disobbedienza civile, ma guardando alle sfide del futuro, come l’Intelligenza artificiale, la difesa della democrazia e dei diritti, dall’inizio alla fine della vita».
Partiamo da Pannella, come vi siete conosciuti?
«Avevo 21 anni, mio fratello era candidato alle Comunali a Monza e lui era venuto per la campagna. Sono arrivato col Vespino, abbiamo chiacchierato, visto che era molto dispettoso andò da mio fratello e disse “ho conosciuto il radicale della famiglia“. Poi sono andato al congresso del partito a Roma ed è iniziata l’avventura».
Laureato in Bocconi, ha lasciato un’altra carriera.
«Decisamente diversa: ero responsabile Igiene e sicurezza al salumificio della Galbani a Melzo. Mi sono licenziato, Pannella mi propose di fare il funzionario del gruppo radicale a Bruxelles, poi mi sono trasferito a New York, dopo sono stato eletto in Ue. Racconto episodi della mia vita e le iniziative più potenti di disobbedienza civile».
Che l’hanno portata a due arresti.
«A Manchester per un’iniziativa di disobbedienza sulle droghe leggere e al Pride di Mosca, che all’ultimo non era stato autorizzato. É stata la situazione più pericolosa, c’erano skinhead che ci buttavano cose addosso e la polizia non era lì per proteggerci. Ai tempi ci dicevano che Putin “aveva bisogno di tempo“, gliel’abbiamo dato ma...».
Tornando a Pannella, lo show è un omaggio?
«Nel frullatore della comunicazione istantanea rischia di andare persa la memoria di una persona a cui devo molto di ciò che ho imparato ma non è una celebrazione o un “mausoleo“, l’avrebbe detestato. Racconto le sue battaglie, il metodo appunto, che serve anche per il futuro.
Come l’Intelligenza Artificiale si può usare a beneficio di tutti. Se dobbiamo pagare tasse e multe possiamo fare tutto on line, se dobbiamo far partecipare direttamente i cittadini non c’è una app, un sistema? Ci sono voluti anni per ottenere la firma digitale sui referendum».
Tornerà a fare politica attiva? Da anni ha preso una strada diversa da Emma Bonino.
«Abbiamo buoni rapporti ma fa altre cose, io non sono iscritto a +Europa. Da 5 anni sono uscito dai partiti. Non sono contro e non escludo nulla per il futuro se utile a portare avanti le battaglie della Coscioni ma oggi non penso sia lo strumento più efficace. Con la sentenza della Corte Costituzionale che aveva valore di legge invece abbiamo legaizzato il suicidio assistito in Italia, abbiamo ottenuto tantissimo di più stando fuori che non se avessi avuto 30 o 40 parlamentari miei».
Il 19 il consiglio regionale potrebbe votare l’inammissibilità della proposta di legge sul fine vita. Un pronostico?
«Sta prevalendo la logica di schieramento, per non dividersi sul voto nel merito il centrodestra si compatterà nel dire “non è competenza nostra“, con il pericolo anche di danneggiare la battaglia di Regione sull’autonomia. Quando non vuole assumersi responsabilità su un tema allora scarica su Roma? Un messaggio contraddittorio. Mi batterò fino all’ultimo. Se la legge non passa servono comunque delle regole, ci sono già state 10 richieste. Noi chiediamo di dare risposta alle persone entro 20 giorni. Prendiamo l’ipotesi di persone che magari non avrebbero diritto al fine vita, sono depresse, non hanno adeguate cure palliative, sono state convinte da parenti che vogliono l’eredità. Io andrei a casa loro il giorno dopo. I tempi brevi sono una garanzia per prevenire il suicidio semmai».
Dal caso di dj Fabo, che accompagnò in Svizzera a morire, quante inchieste ha a carico?
«Mi sono autodenunciato 10 volte e i casi aperti sono 7. Siamo 13 indagati in tutto adesso, ho creato un’associazione che conta 40 persone che chiamiamo “associate a delinquere“, stiamo andando verso una disobbedienza civile in dimensione più collettiva».
Sul palco racconta anche del caso di Fabo.
«In Svizzera devi darti la morte da solo, anche in Italia per i casi legalizzati e non ha molto senso. Se è un diritto riconosciuto e non ci riesce? Fabo era totalmente immobilizzato, aveva ancora attiva la muscolatura facciale e l’unico modo era che mordesse il pulsante per attivare l’immissione del farmaco letale. Non ci riusciva, ha dovuto cambiare l’inclinazione del letto. Lui come Welby se ne è andato sereno e determinato».
Ha una figlia di 6 anni, come l’ha cambiata?
«Politicamente mi sono immerso nelle grandi questioni della scuola, degli asili, vedo la città da un altro punto di vista. A Milano non mi sto trovando male da questo punto di vista. In generale, vedo il mondo con occhi diversi e mi sta dando una grande gioia».
Tour in vista?
«Per ora vediamo come reagisce la gente allo spettacolo (scritto dallo stesso Cappato e da Alberto “Bebo” Guidetti, ndr.) se il metodo che racconto è di ispirazione, se mi diverto».
Cappato come Beppe Grillo?
«Io faccio il percorso inverso. Grillo come Reagan o Zelensky da tv o cinema sono passati alla politica. Per dialogare sul lungo periodo come piace a me il formato del talk show di oggi è inefficace. Ci provo a teatro».
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