Torino, quella protesta radicale e il Crocifisso che ne fa le spese

Il consigliere a Torino Silvio Viale, noto per le sue posizioni radicali, mette in scena una nuova protesta, e come era accaduto nel dicembre 2022 a farne le spese è il crocifisso, che sarebbe "divisivo"

Torino, quella protesta radicale e il Crocifisso che ne fa le spese
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È di questi giorni la notizia della battaglia contro la presenza del crocifisso nell’aula consiliare della città che custodisce da secoli quella che è considerata la più preziosa reliquia cristiana, la Sacra Sindone. Eppure Torino sembrerebbe aver dimenticato quel legame storico con il mondo cristiano ed il suo simbolo appare ingombrante, fastidioso, tanto da diventare terreno di scontro politico. Così il consigliere comunale Silvio Viale, noto per le sue posizioni radicali e non certo nuovo a questa richieste, mette in scena una nuova protesta, e come era accaduto nel dicembre 2022 a farne le spese è il crocifisso, simbolo secondo Viale divisivo e pertanto la sua presenza nella sala dove un tempo sedeva Camillo Benso Conte di Cavour, inopportuna.

La presenza del crocifisso torna così a far discutere, e con una certa periodicità i ministri del politicamente corretto ritornano ad attaccare il simbolo per eccellenza della Cristianità, ed il loro livore si indirizza questa volta nei confronti del Crocifisso presente in Sala Rossa, colpevole, come sottolinea la consigliera di Sinistra Ecologista Alice Ravinale, di ostacolare la partecipazione alla vita sociale e cittadina di altre comunità confessionali e aconfessionali. “Per questo abbiamo convintamente sottoscritto la proposta di deliberazione a prima firma Silvio Viale, che richiede – in nome della laicità dello Stato – la rimozione del crocifisso dalla Sala Rossa e dagli altri luoghi pubblici cittadini”- dichiara la Ravanali.

Stupisce come, nonostante i tanti problemi di una città, attraversata da una profonda crisi di identità e caratterizzata da una realtà poco incline ad investire e segnata da significative fratture sociali, alcuni consiglieri di maggioranza abbiano pensato bene di avviare la battaglia contro la croce, contro un simbolo cristiano che va ben oltre la religiosità, dimenticandosi o accantonando i tanti problemi che attanagliano i cittadini.

Curioso che al salone del libro, proprio in questi giorni, sia stato presentato un libricino di Benedetto Croce edito da Historica Giubilei Regnani, dal titolo “Perché non possiamo non dirci cristiani” e dove il filosofo traccia il valore laico della cristianità, come segno distintivo della nostra civiltà e delle qualità morali dell’umanità, qualità nate proprio grazie alla rivoluzione cristiana.

Il pensatore Benedetto Croce, abilita il Cristianesimo in forma laica, come valore culturale e morale degli italiani, le cui radici cristiane fanno parte del nostro straordinario patrimonio valoriale, storico e culturale. Allora la domanda è perché rinunciare a tutto questo in nome del nobile pluralismo o dell’egualitarismo globalista? La risposta è certamente la seconda, cancellare il crocifisso significa cancellare il concetto di identità che ci distingue gli uni dagli altri e ci rende unici, significa distruggere i ponti con il nostro passato, recedere le nostre radici in nome di una modernità che ci vuole monadi, apolidi e sradicati.

Il crocifisso rappresenta quel collante che evita l’atomizzazione della società, e lo smarrimento di quella comunità che rappresenta il nucleo imprescindibile per la costruzione di una città e di un Paese, la città infatti è prima di tutto un luogo dove condividere un comune destino e non una semplice esigenza abitativa svuotata del senso profondo del vivere insieme.

Come non ricordare l’aneddoto raccontato da Cossiga riguardo la difesa del crocifisso, “Un giorno un socialista intransigente si recò al Quirinale per salutare il Presidente Pertini e notando un Crocefisso alle sue spalle, non nascose un certo stupore da "compagno", e chiese a Pertini come mai non lo avesse rimosso? Pertini rispose che il crocifisso sarebbe rimasto lì per tre motivi: in primis per le idee che rappresenta e per le quali fu Crocifisso, secondo perché lui è il presidente di un popolo che nella stragrande maggioranza è Cristiano, ed in ultimo concluse dicendo <<per far parlare le teste di .. come te>>.”

In questa risposta, al netto dell’ironia del Presidente Pertini, possiamo cogliere il significato dell’importanza del crocifisso come tratto distintivo del nostro vivere in quanto simbolo di speranza e di amore, al quale non dobbiamo e non possiamo rinunciare.

Queste posizioni o battaglie apparentemente di retroguardia, non devono però essere sottovalutate o ridimensionate a banale

opportunismo politico, in gioco c’è molto di più, infatti nei diffusi ambienti della “cancel culture” vi è la volontà di cancellare un simbolo della nostra storia, della nostra tradizione cristiana e della nostra identità europea.

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