Quattro incongruenze e tanti dubbi. La mamma di Marco Pantani: “Voglio verità”

Aleggia ancora il mistero sulla morte del ciclista: qualcuno potrebbe averlo ucciso?

Quattro incongruenze e tanti dubbi. La mamma di Marco Pantani: “Voglio verità”
00:00 00:00

La morte di Marco Pantani non ha scosso solo il mondo del ciclismo: l’atleta era molto amato dai propri connazionali anche al di là dei traguardi sportivi. E quando quel 14 febbraio 2004 trovò la morte, in tanti si son interrogati - e continuano a interrogarsi - su ciò che possa essere accaduto al “Pirata”.

Sono vent’anni che cerco la verità su mio figlio - ha raccontato oggi la mamma di Pantani, la signora Tonina, a Unomattina Crime, condotto da Alessandro Politi - e quello che è successo a Madonna di Campiglio e a Rimini. Ma sembra che nessuno vada mai a fondo su questa storia. Ho portato tante prove ai magistrati, però… Io vorrei solo una cosa: sapere cosa è successo, non voglio altro”.

La morte di Pantani e le indagini

Come detto, il 14 febbraio 2004 Marco Pantani ha perso la vita in un residence di Rimini. L’atleta aveva affrontato diversi momenti professionali difficili e per niente sereni (tra cui delle accuse di doping), per cui si indagò per comprendere cosa fosse successo. La magistratura, in tre diverse occasioni (partite nel 2004, nel 2014 e nel 2021), stabilì che Pantani sarebbe morto a causa di un’overdose, per cui, mentre le ultime due indagini sono state archiviate, nella prima indagine ci furono delle condanne per morte in conseguenza di altro reato. Eppure c’è una grossa fetta dell’opinione pubblica che è convinta che il mistero avrebbe dovuto essere scandagliato maggiormente: e se il Pirata fosse stato ucciso?

Tutti i dubbi

A favore dell’ipotesi omicidiaria giocano diversi elementi: la stanza in cui fu trovato il corpo di Pantani era a soqquadro - come se avesse lottato - e sono presenti presunte contraddizioni e lacune nel lavoro degli inquirenti, a partire dal fatto che non furono eseguiti prelievi dattiloscopici volti a evidenziare se ci fosse stato qualcun altro nella camera insieme a lui. Camera che, come detto, era in disordine, ma non come se avesse ospitato una persona in preda al delirio allucinatorio delle droghe: sembrava invece che lo spazio fosse stato rivoltato, senza peraltro rompere nulla, alla ricerca di qualcosa. Forse dei 20mila euro che il ciclista avrebbe avuto con sé, mai rinvenuti.

Sul volto e sul corpo di Pantani - in corrispondenza del naso, di un occhio, della fronte e della nuca - erano presenti delle ferite, che i consulenti della famiglia considerano non compatibili con atti autolesionistici. In più l’atleta avrebbe chiesto alla reception di contattare i carabinieri - che però non furono chiamati - perché infastidito da un soggetto non meglio identificato.

Le indagini conclusero che Pantani, nei cinque giorni del suo soggiorno a Rimini, sarebbe rimasto da solo, eppure ci sono dei testimoni che smentiscono l’assunto. Ci si chiede da sempre anche se la scena del crimine sia stata manomessa: le prime persone che vi entrarono - un impiegato del residence e naturalmente i sanitari del 118 - non scorsero traccia di droghe, che invece sarebbero stati presenti nel video della Scientifica. Quest’ultima trovò il lavabo al suo posto, ma sempre quelle prime persone sulla scena del crimine, lo trovarono divelto e posto all’ingresso della stanza.

E c’è un fatto: uno degli ingressi del residence non sarebbe stato dotato di telecamere di videosorveglianza. Questo significa che un possibile, eventuale killer avrebbe potuto entrare e uscire senza essere notato.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica