Emanuela Orlandi sarebbe stata portata davvero in Inghilterra e il suo carceriere sarebbe stato “Vittorio Baioni, un ex Nar, amico di Cristiano Fioravanti e altri coinvolti” nella strage di Bologna. A dirlo ai microfoni di Verissimo è Pietro Orlandi, fratello della 15enne rapita il 22 giugno 1983: Pietro torna così a parlare della cosiddetta “pista inglese”, i cui dettagli hanno ricevuto nel tempo smentite, ma che resta comunque una delle ipotesi più interessanti del caso Orlandi. “Siccome nessuno lo cerca, faccio io il nome: la pista di Londra è la più importante ma non se ne vuole occupare nessuno”, ha aggiunto Pietro.
Il fratello di Emanuela Orlandi aveva già accennato a un contatto con l’ex Nar. In un’intervista a Il Giornale aveva infatti spiegato: “Tempo fa, sono stato contattato via mail da un uomo che mi ha fatto capire di essere un ex Nar. Per un periodo abbiamo avuto un fitto scambio di messaggi poi, tutto d’un tratto, è sparito”. Ma non aveva fatto il nome del presunto ex carceriere, che avrebbe avuto un compito di “gestione”, ovvero di piccole faccende come fare la spesa.
Pietro Orlandi ha chiarito all’Ansa di non sapere se Vittorio Baioni sia ancora in vita e di aver avuto il sospetto che qualcun altro abbia usato il suo nome. L’uomo che l’ha contattato “fino al ’97 è stato lì (a Londra, ndr), poi è andato via e non so che cosa sia successo, mi ha fatto il nome di un’altra persona del suo gruppo, Stefano Sderini, un altro dei Nar, che avrebbe fatto delle telefonate anonime. In questo momento non so dove sia, credo latitante in Sudamerica ma è una persona viva”. Pietro Orlandi, tramite la sua legale Laura Sgrò, ha provveduto all’inoltro dei documenti relativi alla questione alla procura di Roma, che ha riaperto l’inchiesta nella primavera del 2023. La procura potrebbe fare luce su cosa sia accaduto e soprattutto sul perché i Nar potrebbero essere stati coinvolti.
La “pista inglese” è basata sull’assunto che Emanuela sia stata trattenuta per un periodo a Londra dopo il suo rapimento. L’ipotesi è emersa nel 2012 a seguito dello scandalo Vatileaks, ed è legata a un dossier di 5 pagine dal titolo "Resoconto sommario delle spese sostenute dallo stato Città del Vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi”. Stando a quel documento, Emanuela sarebbe morta, tanto che l’ultima voce in lista è “disbrigo pratiche finali”.
Da un lato c’è chi ritiene che quel dossier sia un falso ad hoc per depistare, perché non ha timbri ufficiali e contiene numerosi errori.
Da un altro lato invece ci sono state inchieste giornalistiche a sostegno della tesi, una telefonata anonima di un sedicente agente del Sismi e una presunta lettera inviata dall’arcivescovo di Canterbury George Carey al cardinal Ugo Poletti in cui si chiedevano spiegazioni su Emanuela - quest’eventualità è però stata smentita dallo stesso Carey.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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