"Mirella non è mai stata cercata adeguatamente". Lo dice a Il Giornale la criminologa forense Roberta Bruzzone che, assieme alle colleghe Roberta Catania e Margherita Di Biagio, e all'avvocato Laura Genovesi, ha esaminato il corposo fascicolo d’indagine relativo alla scomparsa di Mirella Gregori, la 15enne sparita a Roma il pomeriggio del 7 maggio 1983. Un lavoro certosino che le quattro esperte di cold case hanno raccolto all'interno di un libro - Mirella Gregori. Viaggio in un'indagine imperfetta. Studio e analisi degli atti -, edito da Mursia, aprendo nuovi scenari sulla misteriosa vicenda. Una storia che, secondo le autrici del volume, non ha alcun punto in comune con il rapimento di Emanuela Orlandi, la giovane cittadina vaticana svanita nel nulla da 41 anni. Destini incrociati o, forse, solo drammaticamente paralelli.
Dottoressa Bruzzone, nel libro scrive che la vicenda di Mirella Gregori è slegata da quella di Emanuela Orlandi. Come ha maturato questo convincimento?
"Queste considerazioni sono frutto di un approfondito lavoro di indagine e analisi, durato quattro anni, del fascicolo sulla scomparsa di Mirella Gregori. Tutti gli elementi che sono stati utilizzati, e spesso anche divulgati a supporto del fatto che le due vicende fossero collegate, di fatto agli atti non trovano riscontro. Anzi, ci sono riscontri opposti".
Quali?
"Una prova è la descrizione degli abiti di Mirella fornita dal presunto sequestratore, nella famosa telefonata del 24 settembre del 1983 al bar Gregori, quella che poi divenne determinante per collegare i due casi, che è completamente differente da quella fornita dalla signora Arzenton, la madre della 15enne, nell'immediatezza della denuncia di scomparsa. Le due descrizioni differiscono in maniera significativa, per tipologia di indumenti, tessuto e colore. Poi la famiglia si è adeguata alla descrizione del telefonista, in maniera anche abbastanza suggestiva, probabilmente contaminando il ricordo originale. La sorella di Mirella la conferma, ma dai verbali di sommarie informazioni emerge che quel giorno non l’aveva vista e quindi non può sapere come fosse vestita".
La scomparsa di Mirella Gregori comincia con la citofonata, presumibilmente inaspettata, di tal “Alessandro” che invita la ragazza a scendere quel pomeriggio del 7 maggio 1983.
"Noi abbiamo qualche dubbio che la citofonata fosse inaspettata. La nostra ipotesi è che Mirella volesse fare credere ai genitori di dover incontrare la persona che aveva citofonato, forse con la complicità di qualche conoscente che le ha retto il gioco. Probabilmente, invece, aveva concordato un appuntamento con qualcuno che riteneva non sarebbe stato approvato dalla famiglia. Dunque ha utilizzato questo escamotage, raccontando una cosiddetta 'bugia bianca' ai familiari, per ritagliarsi un po' di tempo e finalizzare l’incontro con una persona che sicuramente conosceva".
L’ultima persona ad aver visto Mirella è Sonia De Vito, un'amica della ragazza, che peraltro è stata anche sentita dalla Commissione parlamentare di inchiesta nei mesi scorsi. Che ruolo ha avuto in questa vicenda?
"Sonia De Vito è una figura centrale nella vicenda, anche perché è l'ultima persona ad aver parlato con Mirella il giorno della scomparsa. Le due hanno chiacchierato nel bar, in modo fitto, secondo le testimonianze che ci sono agli atti, per circa quindici minuti. Senza dubbio lei era depositaria delle confidenze di Mirella e quindi, in tal senso, potrebbe essere a conoscenza di dettagli utili alle indagini. Per quanto sia stata collaborativa con gli inquirenti, talvolta le dichiarazioni rese da De Vito sono incongruenti. Tant’è che ancora oggi non sappiamo cosa si siano dette lei e l’amica quel pomeriggio".
Qual è la sua ipotesi al riguardo?
"Abbiamo ipotizzato che Mirella fosse molto emozionata per quell'appuntamento e quindi si sia rivolta all'amica per sedare l’emozione. Sonia De Vito potrebbe aver pensato di dover proteggere la riservatezza dell'amica anche quando la situazione è precipitata. Però ritengo doveroso ribadire che si tratta solo di un’ipotesi".
Nel libro analizza due episodi risalenti al giorno precedente alla scomparsa. Il primo riguarda la presenza di due sconosciuti che si sono introdotti nel bar dei Gregori durante la festicciola per la ristrutturazione del locale. L'altro, invece, fa riferimento a un "baruffo" che la giovane avrebbe avuto con il fidanzatino. Secondo lei, sono collegati alla scomparsa?
"Dai verbali emerge chiaramente che i due sconosciuti stessero indicando Maria Antonietta Gregori, la sorella Mirella, e non quest' ultima, come erroneamente è stato riportato dai media nel corso degli anni. Quanto al 'baruffo' con il fidanzatino, occorre precisare che tra i due non vi fu alcun litigio. Semplicemente il ragazzo si risentì del fatto che Mirella lo avesse trascurato. Quindi escludo che gli eventi siano in qualche modo legati alla vicenda".
Una vicenda che, a parer suo, come spiega nel volume, non è riconducibile né all'ipotesi di un rapimento né a un allontanamento volontario. E dunque, cosa è successo a Mirella?
"Quello di Mirella Gregori è un caso di omicidio volontario con soppressione di cadavere. Con buona probabilità, il corpo della giovane non venne occultato neanche troppo lontano dal luogo in cui verosimilmente incontrò la persona con la quale aveva concordato l’appuntamento. Basti pensare che in quel periodo c'erano gli scavi a Villa Torlonia, dove la ragazza pare dovesse recarsi, ma nessuno ha mai perlustrato quei luoghi".
In che contesto sarebbe maturato l’omicidio?
"Noi ipotizziamo che Mirella abbia respinto un tentativo di approccio che andava al di là delle sue aspettative. Un rifiuto al seguito del quale la persona coinvolta ha reagito in modo violento, uccidendo la ragazza. Dopodiché è possibile che qualcuno abbia aiutato costui sia nella soppressione del cadavere che nella successiva attività di depistaggio".
Quindi ritiene che ci sia stato un depistaggio?
"Dietro questa vicenda c'è sicuramente l’intervento di qualcuno che, anche in maniera abbastanza abile, ha saputo creare una suggestione tale da collegare il rapimento di Emanuela Orlandi con la scomparsa di Mirella, compromettendo di fatto le indagini. Il punto è che Mirella non è mai stata cercata davvero".
Alla luce delle risultanze investigative dell'epoca, dopo 41 anni, è possibile arrivare alla verità?
"Basterebbe analizzare il diario personale di Mirella, che è una vera e propria ‘miniera d’oro’ dal punto di vista investigativo. La soluzione è proprio in quelle pagine dove lei annotava i suoi stati d'animo e varie vicissitudini, che noi abbiamo analizzato.
È un lavoro sicuramente molto impegnativo, visto che la ragazza scriveva utilizzando un alfabeto inventato in alcuni passaggi e la stenografia in altri, ma è solo percorrendo questa strada che si può arrivare alla verità storica di questa vicenda".
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