"L'ho colpita al collo mentre dormiva": la confessione del killer di Sofia Castelli

Gli schizzi di sangue, gli abiti rubati al padre della vittima e i tre coltelli: ecco com'è morta Sofia Castelli per mano dell'ex fidanzato

"L'ho colpita al collo mentre dormiva": la confessione del killer di Sofia Castelli
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Proseguono le indagini per ricostruire la dinamica della morte di Sofia Castelli, la 20enne uccisa nella sua abitazione a Cologno Monzese, alle porte di Milano, dal suo ex fidanzato di origini nordafricane, Zakaria Atqaoui, di 23 anni. Nel dispositivo del gip si legge che la ragazza avrebbe opposto una debole resistenza alla furia omicida dell'uomo, che l'ha aggredita improvvisamente mentre lei dormiva. Il 23enne "sostiene di aver colpito la vittima mentre era ancora addormentata e conseguentemente se reazione c'è stata (come verosimilmente desumibile dalle condizioni della stanza) questa è stata piuttosto debole ed ha impedito a Sofia persino di gridare per chiedere aiuto".

Nel dispositivo si legge anche che l'uomo non avrebbe saputo giustificare ai giudici gli evidenti graffi sul suo volto. Dai rilievi delle forze dell'ordine sono stati rinvenuti tre coltelli all'interno dell'abitazione. Uno dentro l'armadio, che sarebbe quello che il reo confesso avrebbe "cambiato perché non adatto", un altro sotto il corpo della vittima e un terzo nel lavandino della cucina. Sempre durante i rilievi sono stati rinvenuti gli abiti sporchi di sangue dell'omicida che si era tolto per indossare gli abiti del padre della vittima trovati in casa prima di lasciare l'abitazione per andare a costituirsi con ancora "viso e braccia insanguinate".

"Mi sono agitato perché da dentro l'armadio ho sentito che le ragazze sarebbero uscite il pomeriggio successivo con questi due ragazzi", ha spiegato Atqaoui, che era nascosto all'interno della stanza della ragazza. Il gip del tribunale di Monza, Elena Sechi, ha disposto oggi la custodia cautelare in carcere del 23enne, riconoscendo l'aggravante dei futili motivi per il movente della gelosia, "l'idea di nascondersi all'interno di un armadio conferisce una particolare connotazione negativa alla condotta adottata, che ha in sostanza neutralizzato ogni possibilità di difesa della vittima, sorpresa nel sonno all'interno della propria casa".

L'autopsia sul corpo della giovane verrà eseguita domani e dagli esami eseguiti si potrà avere un'idea ancora più chiara di cosa sia successo in quella stanza. Gli schizzi di sangue sulle pareti confermerebbero la tesi secondo la quale Sofia si sarebbe difesa. Ma l'amica della giovane, che dormiva in un'altra stanza, non si sarebbe accorta di nulla, il che avvalora la tesi che la sua difesa sia stata molto debole. "Quando vado a dormire penso a come ho fatto a essere stato in grado uccidere", ha detto l'assassino al gip. La sera, dopo aver visto dal telefono di un amico le storie Instagram di Sofia in discoteca, è entrato nell'appartamento di corso Roma, dove la vittima viveva con la famiglia, e ne ha atteso fino all'alba il ritorno, nascosto scalzo in un armadio: "Volevo coglierla sul fatto".

Da lì ha ascoltato Sofia parlare con un amica di ragazzi ed "è scattato qualcosa. Non riesco a spiegare cosa". Poi, ha proseguito, "quando ho preso coscienza di ciò che era successo ero zuppo di sangue, fuori dalla stanza. Mi sono tolto i vestiti. Tremavo. Non mi sentivo bene. Sono andato in sala, ho messo dei vestiti, credo che fossero del padre.

Ho messo le scarpe di Sofia". Camminando e fumando una o due sigarette, il 23enne ha "capito di aver commesso un omicidio" ed è andato a confessare tutto alla Polizia locale: "Avevo la nausea, non riuscivo a parlare".

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