Il tempo stringe, gli inquirenti cercano di chiudere con tutti i dettagli e le prove che potrebbero aiutare a ottenere giustizia per l’omicidio di Saman Abbas. Tanto più che mancano poche settimane all’inizio del processo: il 10 febbraio potrebbero ritrovarsi ad avere due imputati in contumacia, di cui uno latitante.
È in quest’ottica che Cristina Cattaneo ha chiesto e ottenuto la nomina di nuovi esperti sul caso. Si tratta di un genetista e un anatomopatologo, rispettivamente Roberto Giuffrida e Biagio Leone, come riportato nella puntata di Quarto Grado. I periti potranno aiutare a comprendere se la rottura dell’osso ioide trovata a seguito dell’autopsia su Saman sia pre o post mortem. Inoltre i nuovi esperti, nominati dal tribunale, dovranno anche analizzare i vestiti della 18enne pakistana, stabilire con certezza se la causa di morte sia stata uno strangolamento e se al momento del delitto fossero presenti o abbiano aiutato persone diverse dagli attuali imputati.
Saman scomparve da Novellara la notte tra il 30 aprile e l’1 maggio 2021. Da subito gli inquirenti si orientarono sulla pista del delitto d’onore, dato che la giovane si era rivolta ai servizi sociali e alle forze dell’ordine italiane, opponendosi al matrimonio forzato con un cugino più vecchio.
Attualmente sono rinviate a giudizio 5 persone per sequestro di persona, omicidio premeditato e occultamento di cadavere: il padre Shabbar Abbas, detenuto in Pakistan e in attesa di estradizione, la madre Nazia Shaheen, lo zio Danish Hasnain che ha condotto gli inquirenti al luogo di occultamento del corpo, i cugini Ikram Ijaz e Noumanoulaq Noumanoulaq.
Shabbar nega che la figlia sia stata uccisa o che lui c’entri qualcosa, mentre la moglie di Danish addossa la colpa proprio a Shabbar: su un giubbotto di Danish però è stata ritrovata della saliva compatibile con il Dna di Saman, sebbene la moglie affermi che Danish abbia appreso dell’occultamento dai genitori della vittima.
Poi c’è Nazia, che non solo è ancora latitante, ma Quarto Grado apprende che pare non sia neppure più ricercata dalla polizia pakistana. E c’è inoltre un elemento che potrebbe inchiodare un imputato: in un filmato di videosorveglianza, si vedono lo zio e i cugini armeggiare con attrezzi da giardino il giorno prima della scomparsa di Saman. Uno dei due cugini ha in mano un sacchetto azzurro, uguale a quello poi ritrovato nella fossa in cui era Saman, anche se gli inquirenti ancora non sanno a cosa sia servito.
Per la procura i ruoli degli imputati sono ben definiti: “Sono stati senz’altro partecipi delle discussioni sul comportamento della ragazza e sulla necessità di ucciderla. E ne sono stati autori materiali nei preparativi e poi la notte dei fatti”, si legge nella richiesta di applicazione di misura cautelare.
E intanto spunta il passaporto di Saman, quello che la giovane agognava, per il quale era stata attirata in casa mentre era in una comunità protetta dei servizi sociali.
Il passaporto, che avrebbe permesso a Saman di sposare Saqib, coetaneo pakistano residente in Italia, era nell’armadio dei genitori. Era stato emesso nel 2012, quando Saman era ancora una bambina: la 18enne aveva mandato la foto a Saqib dopo averlo rinvenuto, meno di una settimana prima di essere uccisa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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