La dipendenza dai videogame, definita anche ludopatia, è stata da poco riconosciuta dall'OMS come malattia mentale. Ed è proprio contro questa patologia che un ragazzo, ora quindicenne, combatte da anni nel cremonese.
La sua famiglia, seguita da tempo dai servizi sociali, era al corrente del grave problema del ragazzo ed ha cercato apparentemente in molti modi di aiutarlo, purtroppo senza ottenere alcun risultato.
Il ragazzo, che soffre anche di disturbi nell'apprendimento, è cresciuto in un ambiente non facile già saturo di problemi di varia natura; i genitori separati, la madre con alle spalle problemi di droga e giudiziari, una sorella scappata di casa con il fidanzato ed in passato affidata ad una comunità. Forse il ragazzo, che viveva con la madre, si sarebbe isolato in questo mondo virtuale proprio per sfuggire alle numerose e gravi vicissitudini che coinvolgevano la sua famiglia.
La situazione però in casa era degenerata nel tempo, con il ragazzo che non usciva più di casa, trascurava la scuola e passava giornate e notti intere davanti alla console della Playstation. Il ragazzo non dormiva di notte e crollava per la stanchezza durante il giorno.
Dopo un'attenta analisi del caso, il Tribunale dei Minori ha deciso che la famiglia non era in grado di aiutare il ragazzo nella lotta alla ludopatia e di toglierlo dalla tutela dei suoi genitori, nella speranza di una sua futura guarigione.
Per il giudice del Tribunale dei minori oramai lo stato delle cose aveva raggiunto un punto di non ritorno e, per questo motivo, è giunto alla decisione di far prelevare il 15enne dalla sua casa di Crema e di portarlo in comunità.
Quando la polizia è entrata nella sua abitazione, ha trovato il ragazzo nella sua camera così preso dal videogioco da non aver sentito le ultime telefonate della madre e così concentrato sullo schermo da non rispondere a chi cercava di intromettersi tra lui ed il gioco.
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