La nave Mare Jonio è la prima protagonista della stagione del braccio di ferro tra Ong e governo italiano e rischia di essere, stando alla situazione attuale, anche l’ultima.
A marzo, quando per la prima volta il mezzo dell’Ong “Mediterranea Saving Humans” si ritrova a ridosso delle acque italiane con alcuni migranti a bordo, Matteo Salvini è saldamente al Viminale e le organizzazioni non governative hanno poche navi in giro per il Mediterraneo. Oggi lo scenario appare cambiato, con il governo gialloverde fautore del pugno duro contro le Ong oramai prossimo a lasciare il campo e con le organizzazioni che, dal canto loro, continuano con il proprio operato.
Ed oggi, proprio per l’appunto come a marzo, la Mare Jonio bussa alle porte delle acque italiane sapendo di ricevere l’ultimo divieto di ingresso firmato dall’uscente ministro Salvini.
Il tema cosiddetto umanitario sta alla base delle nuove richieste da parte dell’Ong Mediterranea: “Occorre un porto sicuro – si legge in una nota lanciata mentre il leader leghista saluta i dipendenti del Viminale – C’è un concreto rischio sanitario a bordo della Mare Jonio”.
Sul mezzo attualmente rimangono 34 migranti dei 98 imbarcati nei giorni scorsi a largo della Libia. Ben 64 sono sbarcati la scorsa notte a Lampedusa, con il Viminale che ha dato il via libera per motivi relativi allo stato di salute di alcuni di essi ed alla loro minore età.
“Sottolineiamo – si legge ancora nella nota di Mediterranea – che questa emergenza non può evidentemente essere risolta con il semplice invio di bottiglie di acqua. Desta allarme inoltre la presenza a bordo di rifiuti derivanti dal salvataggio e dalla permanenza a bordo dei naufraghi (come i vestiti impregnati di benzina e di deiezioni): il rischio di malattie comunitarie è aggravato dalla mancanza d'acqua, con conseguenti possibili danni per la salute di naufraghi ed equipaggio”.
La strategia dell’Ong è molto simile a quella usata dalla stessa nei mesi precedenti, così come anche dalle altre organizzazioni: fare leva sui pericoli relativi alla salute e sollecitare l’intervento degli organi giudiziari, mentre la nave rimane in prossimità delle acque territoriali italiane.
La stessa cosa è accaduta più di recente con la Open Arms, entrata a Lampedusa dopo aver girato a largo per 19 giorni e dopo il provvedimento di sequestro operato dalla procura di Agrigento.
La Mediterranea adesso fa leva anche sul maltempo: le condizioni meteo sia a Lampedusa che nella provincia di Agrigento sono in una situazione di rapido peggioramento, nelle prossime ore a largo della Sicilia potrebbero giungere anche dei temporali e per questo si chiede con più insistenza un porto in cui poter approdare.
Ma l’impressione è che si assisterà al solito braccio di ferro, a cui oramai si è abituati: la nave dell’Ong di turno che rifiuta altre destinazioni, che parla di emergenza e che prova a scavalcare il divieto imposto dal Viminale.
Uno scenario, come detto prima, partito quest’anno a marzo proprio dalla Mare Jonio: la nave dell’Ong Mediterranea compie quasi sei mesi fa il suo primo viaggio ed in quell'occasione il capomissione è Luca Casarini, ex leader antagonista.
In quell’occasione il mezzo viene sequestrato, lo stesso Casarini indagato ad Agrigento e la nave, per diverse settimane, è ormeggiata all’interno del porto di Licata.Con il dissequestro decretato dalla procura di Agrigento, la Mare Jonio riprende quindi le sue attività ed ora è protagonista dell’ultimo “tira e molla” con l’esecutivo gialloverde.
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