"Prima di venire in Italia, ero in Austria". Ali si confessa seduto al tavolino di un bar. Beve Cola Cola e non sa che quello che ci sta raccontando è il sintomo evidente del cortocircuito del sistema di Dublino. Non se lo immagina, ma la sua storia suona come un’accusa - indiretta - a Vienna di non fare il proprio dovere nella gestione dei migranti.
Ali è un migrante minore accolto in una delle strutture di accoglienza del Nord Italia. Una vicenda particolare, ma non unica. È partito alcuni anni fa dal Pakistan ed ha attraversato tutta la rotta balcanica per raggiungere l’Europa. Ancora minorenne si è incamminato attraverso l’Afghanistan, l’Iran, la Turchia, la Grecia, la Serbia per poi attraversare il confine della Slovenia ed entrare in Austria. Lì è rimasto due anni, accolto dalle autorità viennesi. Poi è sceso nel Belpaese.
Non è chiaro dove sia stato registrato per la prima volta in Europa, se ad Atene, Belgrado o in Slovenia. Di certo Vienna gli ha "preso le impronte". Dettaglio minimo, ma non insignificante. Il regolamento di Dublino prevede infatti che il il Paese dove il migrante minore ha presentato domanda di asilo diventi competente per il suo caso. Ora, Ali è rimasto in Austria "per due anni" ed è stato pure accolto "in una comunità" di accoglienza. Dunque è probabile debba essere Vienna a valutare la sua richiesta di asilo e accoglierlo in costose strutture di accoglienza. Non il Belpaese. E invece Ali da qualche mese mangia, dorme e studia in un centro per minori in Friuli Venezia Giulia (guarda qui il video).
Verrebbe da dire: chi è senza peccato scagli la prima pietra. Mentre l’Europa è in affanno (ancora) sulle politiche migratorie, gli Stati si accusano a vicenda di non gestire adeguatamente l’immigrazione. L’Italia è spesso finita sul banco degli imputati e ancora oggi c’è chi punta il dito contro Roma. Poco prima delle elezioni europee dello scorso marzo, l’ex Cancelliere Sebastian Kurz si era scagliato contro quei Paesi europei che lasciano "passare i migranti irregolari da uno Stato all’altro". Kurz non l’ha mai nominata direttamente, ma è all’Italia che alludeva.
Peccato che, come nel caso di Ali, anche Vienna sia solita farsi sfuggire alcuni minorenni che dalle terre dell’ex Impero arrivano da noi. "Dopo i due anni lì sono scappato perché non mi davano i documenti", si giustifica Ali. E così è venuto a chiederli a Roma.
Sia chiaro: il fenomeno dell’allontanamento dei minori è diffuso in tutta Europa. Secondo il ministero del Lavoro, al 31 dicembre 2018, erano 5.229 i migranti minori non accompagnati (Msna) risultati irreperibili e scappati dai centri di accoglienza. Alcuni dall’Italia cercano di andare verso la Francia o la Germania nella speranza di raggiungere i parenti, ma altri fanno il percorso inverso e dall'Austria approdano nel Belpaese. Non è un caso se in suo recente monitoraggio l’Unhcr ha definito "preoccupante" quanto accade al confine del Friuli Venezia Giulia. "La regione - si legge nel documento - è interessata da rilevanti numeri in entrata di minori che, dall’Austria, si spostano verso l’Italia" nella speranza poi di "dirigersi nuovamente presso altri paesi Europei". Il fatto è che molti di loro vengono identificati dalla polizia e così entrano nel circuito di accoglienza italiano, trasformandosi in un costo ingente per lo Stato. In Friuli, per dire, "i minori rintracciati dalle forze dell’ordine vengono immediatamente collocati nei progetti di accoglienza autorizzati dalla regione". Un salasso. "Da noi per anni erano tutti dublinanti - spiega Antonio Calligaris, consigliere regionale del Friuli - La maggioranza di quelli che venivano qui da noi provenivano da altri Paesi europei.
Perché qui tutti sapevano che era più facile ottenere i documenti".Ali finisce la sua Coca Cola e spera che l’Italia gli conceda il permesso di soggiorno. "Qui mi trovo molto bene", dice. Forse meglio che in Austria. Il Paese che non avrebbe dovuto lasciarlo scappare.
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